Quel bambino doveva giocare a calcio. Era un suo diritto, è il diritto di ogni bambino.
Aylan, il bambino siriano con la maglietta rossa e i pantaloncini sul ginocchio, aveva tre anni. Il corpicino di Aylan è stato ritrovato da un ragazzo che si allenava sulla spiaggia di Badrum. Faccia sulla sabbia, sembrava dormisse. Non dormiva.
Aylan come il fratellino Galip di 5 anni e la mamma Rihan era tra i passeggeri di uno dei tanti, troppi “viaggi della morte”. Insieme volevano raggiungere le coste della Grecia, partendo dalla città turca di Badrum appunto. Per una nuova speranza di vita, una speranza che avevano tutto il diritto di avere pure loro.
Non facciamo politica. No, non si può fare politica incentrando il discorso o addirittura sfruttando la foto di questo piccolo corpicino steso sulla spiaggia.
Il mio pensiero stamattina non cavalca correnti politiche, è completamente diverso. Forse un po’ banale: quel bambino non doveva morire così. Doveva crescere guardando i suoi idoli in tv. Doveva crescere inseguendo un pallone e tutti i sogni che può contenere quella lunga corsa di un bambino. Doveva crescere.
L’innocenza come la coscienza non dovrebbero mai morire.