Il miracolo del Siviglia non si può ignorare, e soprattutto non si deve farlo: gli spagnoli sono ormai dominatori assoluti dell’Europa League, grazie al terzo trionfo consecutivo nella competizione. Qualcuno propone di denominarla Sevilla League, altri lodano i calciatori per un’impresa che ha dell’incredibile. Tutto a posto, senz’altro. Ma il demiurgo qui è un altro, e si chiama Unai Emery.
Un nome che sembra una supercazzola, una vera e propria garanzia: persino in una stagione non esaltante, che ha visto la sua squadra uscire dai gironi di Champions League e non vincere mai una gara in trasferta in campionato, Emery è riuscito a scrivere la storia con il suo gruppo di ragazzi. Il segreto, dice lui, è quello del “desiderio di vincere la Coppa”. Una cosa banale, che potrebbe avere chiunque. Ma da queste parole evince la volontà di crederci e di non sentirsi appagati da successi precedenti. Non è un caso che il tecnico sia diventato il primo a vincere tre finali consecutive di Europa League da allenatore, peraltro con la stessa squadra.
Ovviamente, anche il fatto che Emery fosse stato vicino a club italiani non è stata una casualità: sia Napoli che Milan lo volevano per dare un’impronta nuova e internazionale al loro progetto. A Napoli, tutto sommato, si sono “accontentati” dell’ottima stagione con Sarri, peggio invece è andata ad un Milan assolutamente insufficiente e ormai nel baratro della mediocrità. Intanto, all’inizio della prossima stagione, Emery si giocherà l’ennesima Supercoppa Europea e parteciperà nuovamente alla Champions League pur essendo arrivato al settimo posto in Liga, e dunque abbondantemente lontano dalle prime della classe. Un visionario del calcio, forse ancora troppo sottovaluto rispetto a quanto vinto e fatto in carriera. Un altro trofeo in bacheca, e un movimento che merita di essere promosso: l’Emerysmo è una realtà, lunga vita ad Emery.