A volte finisce cosí.
A volte i sogni non diventano realtá.
E tu Robi lo sai meglio di chiunque altro.
Sai cosa significa essere un idolo, a un passo dalla coronazione di una gioia immensa e che avresti meritato, ma che purtroppo si è tramutata nel piú amaro dei finali.
E quella volta rimase solo il tuo sguardo sconsolato, rivolto a terra, come rifiutassi di guardare dritto davanti a te il portiere brasiliano Taffarel che ringraziava un Dio del calcio che quel torrido pomeriggio a stelle e strisce di Pasadena milioni di italiani hanno imprecato, come se rifiutassi di far fronte alla piú dura delle realtá.
In quei momenti infatti non conta piú essere Roberto Baggio, non conta piú essere il “Divin codino”che illuminava le domeniche dei tifosi italiani con le sue gesta, non conta piú aver vinto un pallone d’oro o aver segnato centinaia di gol.
In quel momento davanti ai tuoi occhi c’è solo un prato troppo verde e un cocktail di rabbia, amarezza, delusione e, peggio di tutto, la sensazione di colpa e responsabilità per una sconfitta e tu sei seduto al tavolo dei tuoi pensieri in completa solitudine.
È davvero brutto, perchè in momenti del genere è difficile convincersi che i rigori puó sbagliarli solo chi ha il coraggio e gli attributi di tirarli, ed è invece facile, troppo facile dimenticarsi che non è un caso che sia tu a tirare quell’ultimo rigore ed è ancor più facile scordarsi che quel 10 stampato sulla tua schiena non te lo cuci addosso da solo, ma a posizionarti quel pallone sul dischetto e a scriverti quelle mistiche due cifre sopra il tuo nome è la riconoscenza del tuo smisurato valore da parte di qualcuno che ti ama, che sia una squadra, un popolo, una famiglia, degli amici o una donna.
C’è un motivo se nessuno ti incolperá mai di quel maledetto mondiale sfuggito all’ultimo, ed è un qualcosa che va oltre un rigore sbagliato e all’ambito calcistico e sportivo.
Il motivo è umano, perchè guardandoti dopo aver visto il pallone librarsi alto sopra la traversa, tutti ci guardiamo un po’ allo specchio dopotutto, tutti ci guardiamo dentro e ci riconosciamo in te.
Sí perchè quante volte nella nostra ci siamo trovati di fronte a un bivio che si dirama in due strade cosí razionalmente uguali e cosí conseguenzialmente diverse, la cui scelta di una di esse è la tesserina che innesca una sorta di umano domino nella nostra vita? E soprattutto quante volte mentre scegliamo siamo tanto obnubilati e soggiogati dai nostri sentimenti e dalle nostre emozioni da sbagliare così inaspettatamente e clamorosamente, lasciandoci poi con quella sensazione di inadeguatezza e di fallimento che ci vuol molto tempo e molte interiori riflessioni per digerire veramente?
Puó capitare purtroppo, è un fardello esistenziale, quando si hanno grosse responsabilitá è facile deludere le aspettative di chi crede in te, ma errare è la cosa piú umana che esista, è la cosa che ci ricorda che alla fine nessuno è invincibile.
E questo è quello che è successo pure a te leggendario Roberto, hai sbagliato come tutti noi potevamo fare ma ti sei rialzato con la dignità che tutti invece dovremmo avere e non dovremmo mai dimenticare nei meandri piú sperduti di noi stessi perchè quello è davvero ciò che conta.
L’importante è rialzarsi, che sia in campo dopo una rottura del legamento crociato o che sia nella vita di tutti i giorni dopo una scelta sbagliata. Non arrendetevi, non preoccupatevi che una chance per rimediare arriverà sempre e se lo si vuole davvero prima o poi si tornerá a fare gol e a esultare, proprio come ci hai insegnato tu Robi con la tua straordinaria e romantica carriera.
Ed è questo che ti ha reso un’icona, un messaggero di un comandamento di vita ancor prima che sportivo. Never back down, rialzarsi sempre e comunque.
Elia Cattaneo