In principio fu Roberto Carlos: 9 incredibili rimpianti di calciomercato

Il calciomercato è il tempo dei sogni. Per i tifosi e per i presidenti ambiziosi. Ma è anche il tempo degli incubi, delle operazioni saltate all’ultimo minuto o di quelle mai concretizzate, degli “scippi” all’ultima firma.

Il calciomercato può essere il tempo degli affari, dei parametri zero, delle operazioni fantasiose ma estremamente profittevoli. Ma può essere anche il tempo dei rimpianti. Di quei giocatori ceduti per scelte ingiustificate e immotivate degli allenatori, per miopia dei dirigenti o per questioni di bilancio.

ROBERTO “INDISCIPLINATO” CARLOS

Nell’estate del 1995, il primo mercato dell’Inter dopo il ritorno della famiglia Moratti (presidente Massimo Moratti, diesse Mazzola) porta ad Appiano Gentile Paul Ince, due argentini (Rambert e Zanetti, quello forte doveva essere il primo) e un numero imprecisato di terzini sinistri (Felice Centofanti, Alessandro Pedroni e Paolo Tramezzani). Tra questi, per 10 miliardi di lire, arriva dal Palmeiras pure il 22enne brasiliano Roberto Carlos. Stagione positiva la sua, tutto sommato: gol all’esordio, gol in Uefa nel disastro di Lugano, 30 presenze in A. Ad ottobre e dicembre, però, il delitto perfetto: arrivano prima Roy Hodgson in panchina e poi Alessandro Pistone a sinistra. Nell’estate 1996 il primo preferirà il secondo a Roberto Carlos perché “indisciplinato tatticamente”. Il brasiliano va al Real di Capello per 7 miliardi. Vincerà 19 titoli (tra club e Seleçao), giocherà più di 1000 partite, per Pelè sarà uno dei 125 giocatori più forti al mondo)

IL MILAN DI VIEIRA E AUBA

La guida esperta di Adriano Galliani (29 trofei in 31 anni) ha lasciato qualche “cadavere” anche sulla sponda milanista.
Il primo è Patrick Vieira. Il Milan lo prende 19enne dal Cannes per 7 miliardi di lire, a San Siro gioca due volte nell’anno dello scudetto (1995/1996) con Capello e poi viene ceduto all’Arsenal perché Tabarez proprio non lo vedeva: nei successivi 15 anni di carriera ha vinto dovunque (a Londra, alla Juventus, all’Inter e al Manchester City).

Il secondo parla pure lui francese (anche se gioca con il Gabon): è Pierre-Emerick Aubameyang. Entra nella Primavera del Milan, convince tutti, ma non gioca mai in prima squadra. Va in prestito tra il 2008 e il 2011: Digione, Lille e Monaco con una ventina di gol in tre stagioni. Il Saint Etienne punta su di lui, il Milan molla il diritto di riscatto per 1,8 milioni di euro. Non tornerà più a San Siro e si prenderà l’Europa a suon di reti: 41 con i verdi di Francia, 141 con il Borussia Dortmund, 26 con l’Arsenal. Il Milan ha provato a riprenderlo nel gennaio 2018, ora servirebbero non meno di 75 milioni di euro.

TITI A TORINO NON HA PRESO IL VOLO

Il rimpianto della Juve ha le movenze eleganti e il fiuto del gol di un altro francese: Thierry Henry. A novembre 1998 Del Piero si infortuna, a gennaio Moggi acquista l’allora 21enne talento dal Monaco per 11,5 milioni di euro, debutta con il numero 6 a Perugia. Ancelotti sostituisce Lippi e dirotta Titi in un lavoro molto oscuro sulla fascia. Carletto risparmia Zidane in vista della Champions e torna al sacchiano 4-4-2: al contrario di quanto si possa pensare Henry, lì a sinistra, fa meglio che da punta. Vorrebbe restare, ha la stima di Ancelotti, reciproca, ma litiga con Moggi che vuole mandarlo in prestito all’Udinese per arrivare ad Amoroso. Per fortuna (di Henry) arriva il nuovo Arsenal di Wenger (che lo aveva fatto crescere nel Monaco) e paga 27 miliardi di lire per quello che diventerà uno dei giocatori più forti di sempre.

L’INTER DI PIRLO E SEEDORF

Nel 2001 e nel 2002 la follia torna a colpire la sponda nerazzurra di Milano. Prima sessione di mercato: via il ciuffo di Andrea Pirlo scambiato per quello dell’argentino Andres Guglielminpietro e 5,5 miliardi. Seconda sessione di mercato: via Clarence Seedorf, un fantasista, scambiato per Francesco Coco, il terzino che avrebbe dovuto sostituire Gresko.
L’Inter, passata per il suicidio del 5 maggio, non vincerà nulla. Il Milan costruisce il terzetto delle meraviglie a centrocampo con Gattuso, Pirlo e Seedorf, sceglie Carlo Ancelotti al posto di Fatih Terim e vince tre titoli in Italia e cinque in Europa.

UN PITBULL IN FUGA DA MILANO

Treccine che vanno, treccine che vengono: Edgar Davids è stato sicuramente uno dei centrocampisti più forti al mondo. Certamente tra quelli dell’era moderna. Il Milan è bravo a prenderlo a parametro zero dall’Ajax nel 1996 cogliendo i vantaggi della sentenza Bosman. Ma, poi, i rossoneri sono anche sfortunati perché nel successivo anno e mezzo il Pitbull ne combina tante: si fa male (tibia e perone), litiga, non si inserisce mai nello spogliatoio rossonero. Costacurta lo definisce una mela marcia, lui scappa alla Juventus che lo paga 9 miliardi di lire. A Torino Davids vince tanto, dimostrando in campo qualità che a Milano aveva nascosto. Fuori, invece, lo limitano, tra un caso di doping e i litigi con Marcello Lippi. A Barcellona, Milano (sponda Inter) e Londra (Tottenham) non ripeterà gli anni in bianconero.

ZANIOLO, LA ROMA SE LO GODE

Ha meno grinta, ma qualità tecniche ben diverse l’ultimo capitolo del libro dei rimpianti del calciomercato. E ancora una volta il titolo è nerazzurro: Nicolò Zaniolo, centrocampista classe 1999. Se lo gode la Roma che lo ha pagato 4,5 milioni di euro, lo rimpiangono Genoa, Fiorentina, Entella e Inter che lo hanno visto crescere nelle giovanili. Bravo Monchi a pretenderlo nell’affare Nainggolan. Meno bravo Ausilio che, però, ha la parziale giustificazione di aver dovuto accontentare Spalletti sul Ninja. Brava ancora la Roma a non inserire la recompra. L’Inter ha solo una percentuale bassa sulla futura vendita. Per le prestazioni in campo, invece, è già alto il livello di bile dei nerazzurri.

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