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Poker d’assi

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Sin qui è stato il Mondiale delle sorprese. Mai così tante big fuori prima dell’ultima curva, con il tabellone che ha visto le estromissioni nell’ordine di Germania, Argentina, Spagna, Portogallo e Brasile – senza dimenticare le assenze di Italia e Olanda ai nastri di partenza – mai così tante incognite per decifrare la possibile vincitrice. Demerito di un livello complessivo in calo sul piano della qualità, merito di un calcio che fa sempre più dell’organizzazione tattica un punto di forza, dal peso specifico notevolemente superiore rispetto a quello del singolo. Per questo i commissari tecnici di Francia, Belgio, Inghilterra e Croazia, ovvero le quattro selezioni ancora in corsa per aggiudicarsi il titolo in Russia 2018, meritano un posto al sole. Qualcuno li ha ribattezzati il bello (Southgate), il buono (Dalic), il brutto (Deschamps), il cattivo (Martinez), ma anche senza scomodare Sergio Leone emergono quattro ritratti contrastanti, ma accomunati da un tratto anagrafico: sono tutti Under 50, tranne Dalic che ha scavallato da un anno il mezzo secolo.

MARTINEZ E LA SICUREZZA DELLE IDEE

Sei anni fa, mentre Deschamps diventava ct della Francia, Roberto Martinez era un rampante allenatore sulla panchina del Wigan, in Premier League. Si racconta che nel novembre 2012, dopo una vittoria del Celtic sul Barcellona in Champions League grazie a una partita tutta cuore, difesa e contropiede, a Martinez fu chiesto quale fosse il suo approccio nelle sfide in salsa Davide contro Golia. “Nella sconfitta troverai tanti elementi per vincere un domani” rispose lui. La differenza tra i due sfidanti di San Pietroburgo è tutta lì: alla cultura della vittoria di Deschamps, Martinez oppone quella della sconfitta che ti forgia, ti rafforza e ti spinge in alto. Catalano di Balaguer, rischia di diventare il primo tecnico ‘straniero’ a vincere un Mondiale con una nazionale di un altro Paese: lo spagnolo ha puntato sulla collaborazione di Thierry Henry, che questa sera affronterà il suo passato. E non finisce qui: dal suo insediamento sulla panchina belga, nell’estate 2016, Martinez ha puntato su un gruppo ed è andato oltre il singolo risultato, dando vita anche a esclusioni dolorose (chiedere Nainggolan per conferme). Il risultato? Un filotto positivo di 21 incontri da commissario tecnico, arricchito da 5 vittorie su 5 partite in Russia. E chissà se e quando dovrà fermarsi.

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Gareth Southgate, ct dell’Inghilterra

GARETH HA SCONFITTO LE SUE PAURE

Per superare le Colonne d’Ercole della propria mente, chi meglio di Gareth Southgate? Già, perché il successo ottenuto dai Tre Leoni contro la Colombia ai calci di rigore non ha sconfessato solo un tabù della Nazionale (2 vittorie su 13 dagli 11 metri in competizioni ufficiali prima degli ottavi di finale del Mondiale 2018), ma anche – e soprattutto – quello del suo ct. Che nel 1996, da difensore centrale, si era visto respingere da Lehmann il penalty decisivo nella semifinale di Euro 1996 contro la Germania.  Allenatore dal curriculum non proprio luminoso (4 stagioni con il Middlesbrough), il quarantenne Southgate ha avuto la forza di mettere alla porta giocatori storici e di puntare sui giovani, introducendo anche una novità per il calcio britannico, “mutuata” dai colleghi arrivati in Premier fuori dal Regno Unito come Conte e Mourinho. La difesa a 3, nella quale Walker è la pedina che muove il reparto a partita in corso. Così è nato un progetto tecnico affascinante, che mette al centro la forza di Harry Kane e ha responsabilizzato tanti Under 25, da Stones ad Alli passando per Trippier. Qualità al potere.

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Zlatko Dalic, ct della Croazia

DALIC, DA SEMI-SCONOSCIUTO A EROE

E’ il piacevole rischio che corre il commissario tecnico della Croazia. Classe 1966, caschetto vintage e tanto coraggio in campo, Dalic arriva da una carriera da discreto calciatore, divisa tra Hajduk Spalato e Varteks Varadzin. Proprio al Varteks, all’alba del terzo millennio, ha iniziato a dedicarsi alla carriera da allenatore, fino a diventare nel 2006 vice-selezionatore della Croazia U21. Il suo curriculum con i club racconta di qualche coppa, sollevata certo non in campionati a cinque stelle. Supercoppa di Albania conquistata con la Dinamo Tirana, poi i successi con l’Al Hilal in Arabia Saudita e poi l’Al Ain negli Emirati Arabi Uniti, conquistando campionato, coppa nazionale e supercoppa. Quasi un carneade, come la sua pagina Wikipedia attesta. Che rischia però di passare alla storia, complice la scelta presa nel 2017 dal presidente della federazione croata, Davor Suker:  puntare forte su questo anonimo allenatore nel momento più delicato della qualificazione al Mondiale russo. L’abilità di Zlatko? Non minare equilibri, affidarsi ai leader tecnici e morali (Modric e Mandzukic su tutti) e giocare all’attacco. Sempre.

Deschamps, Martinez, Southgate e Dalic. In quattro mettono insieme appena una Ligue 1, una Coppa di Lega, due Supercoppa di Francia, una Supercoppa di Albania, una Arabian Golf League: trofei che si trovano a malapena su Wikipedia e che presto (per uno di loro) saranno sovrastati dal titolo dei titoli. Quello di campione del mondo.

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