Per la seconda volta in questa stagione, Cristian Chivu ha preso una decisione che fino a pochi mesi fa sembrava impensabile: togliere Lautaro Martinez in un big match. Dall’Allianz Stadium al derby di San Siro, dall'uscita al 64’ contro la Juventus a quella al 66’ contro il Milan, il copione si è ripetuto con una puntualità che ha inevitabilmente acceso il dibattito. Sostituire il capitano, il simbolo, l’uomo più rappresentativo dell’Inter non è più un tabù.
Il cambio di Lautaro Martinez
A un certo punto della ripresa, quando ci si stava avviando verso l’ultima mezz’ora di gioco, Chivu si è girato verso la panchina, dicendo: “Basta, fuori Lautaro e dentro Bonny.” Un cambio netto, deciso, che non è derivato da una condizione fisica deficitaria né da un impegno gravoso con la nazionale, come era invece accaduto due mesi prima contro la Juventus. In quell’occasione, il Toro era arrivato da 90 minuti giocati a Barranquilla e da un viaggio intercontinentale: una scelta conservativa, tutto sommato logica.
Contro il Milan, invece, la situazione era completamente diversa. Lautaro arrivava da una sosta leggera: 85 minuti giocati nel 2-0 dell’Argentina contro l’Angola, ma ben nove giorni prima. Nessuna fatica accumulata, nessuna emergenza fisica. Solo una scelta tecnica.
Fino al momento del cambio, il capitano dell'Inter aveva colpito un palo nel primo tempo, battagliando contro i centrali rossoneri e facendo a sportellate per aprire spazi e tenere alta la squadra. Non stava dominando, ma non era nemmeno del tutto fuori dal match. Per questo la sostituzione ha fatto discutere, soprattutto perché il numero 10 è uscito con passo lento e testa bassa, visibilmente contrariato.
Una scelta tecnica
Chivu, però, ha difeso con fermezza la sua decisione nel postpartita: “È stata una mia scelta. Ora non posso cambiare i giocatori? La decisione è la mia”- Una presa di posizione chiara, quasi un messaggio: nessuno è intoccabile, nemmeno il capitano.
Eppure, al netto delle sensazioni, la mossa sembrava aver persino pagato. Con Thuram rimasto in campo, dieci minuti dopo l’Inter ha guadagnato il rigore che poteva cambiare la partita: un pestone di Pavlovic, rilevato dal VAR, aveva regalato ai nerazzurri l'episodio per poter rimettere in bilico il match. Dal dischetto, però, Calhanoglu ha fallito — il secondo errore da quando veste nerazzurro, dopo il palo nell’1-1 contro il Napoli della scorsa stagione.
Chivu, con coraggio e coerenza, ha mostrato di non voler essere ostaggio dei nomi. Ma ora sa anche che ogni volta che richiamerà il numero 10 in panchina, potrebbe dare seguito a quelle voci secondo cui le sue scelte nei big match, saprebbero di bocciatura nei confronti del capitano nerazzurro.


