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Tacconi a sorpresa sull’Heysel: “Non pensavamo di giocare, ci fu ordinato da un generale”

Rivelazioni pesanti quelle fatte dall’ex portiere della Juventus Stefano Tacconi, che è tornato a parlare della tragedia dell’Heysel
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D. Vlahović
#9JuventusAttaccante
Serie A
Stagione 2024/2025

8

Goals

19

Tiri in porta

52

Tiri

1

Assists

Nella storia del calcio, purtroppo, non ci sono solamente ricordi positivi. Esistono anche dei ricordi negativi e dei ricordi, peggio ancora, tragici. Uno di questi ricordi è la tragedia dell’Heysel. Per chi non dovesse ricordare, quella avvenuta poco prima della finale di Champions League, all’epoca Coppa dei Campioni, tra Juventus e Liverpool. 

 

Quando in quel 29 maggio del 1985, 39 persone, tifosi della Juventus, morirono schiacciate allo stadio Heysel di Bruxelles, dove si sarebbe dovuta disputare la finale. I feriti, invece, furono oltre 600. Spesso si è parlato di questa terribile tragedia, ma questa volta uno dei calciatori che scesero in campo poco dopo, Stefano Tacconi, ha voluto spiegare un retroscena ancora sconosciuto. 

 

Le rivelazioni scioccanti di Tacconi sulla tragedia dell’Heysel 

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il portierone italiano ha ripercorso alcuni aspetti di quella vicenda. Si parte da una sensazione di campo: “Mi torna in mente la paura, anche in campo. Soprattutto quando mi trovai a difendere la porta vicino al settore Z, completamente vuoto. Ma i momenti peggiori sono stati quelli prima della gara”. 

 

Prima della partita, il panico negli spogliatoi: “Ad un certo punto arrivarono nello spogliatoio diversi tifosi: erano feriti e insanguinati. Il nostro medico prestò soccorso a tutti. Noi giocatori eravamo già sotto la doccia, spaventati e tristi, pensando di non giocare. In quel momento sapevamo di una persona finita schiacciata nella calca, mentre dei 39 morti ci hanno detto soltanto dopo la partita, intorno a mezzanotte. In ogni caso nessuno pensava più al calcio e alla finale di Coppa Campioni”.  

 

L’idea generale, ovviamente, era quella di non giocare. L’ordine arrivò però da qualcuno in particolare: “Ma poi ci raggiunse un generale delle forze dell’ordine belga, che di fatto ci obbligò a scendere in campo per questioni di ordine pubblico. Così ci ricambiammo e uscimmo sul prato in un clima surreale. Trapattoni era traumatizzato dall’accaduto, come il figlio di Agnelli e tutti noi”. 

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