Dalla collaborazione tra Sportitalia e Chiamarsi Bomber un nuovo programma in cui si parla di tutto il calcio che ci fa emozionare…ma non di Serie A: Premier League, Liga, Ligue 1, Bundesliga e poi la Saudi Pro League e la Liga Profesional: Mundialito.
In questa puntata ospite Valerio Vimercati, portiere cresciuto nelle giovanili di Milan, Torino, Pro Vercelli e La Spezia, con una carriera professionistica sviluppata all’estero tra Portogallo e Armenia, e adesso protagonista in Kings League. L'estremo difensore ha parlato di alcuni temi caldi del calcio internazionale, ma anche della sua carriera e della sua esperienza lontano dall'Italia.
Il passaggio dal calcio a 11 alla Kings League
"È difficile anche perché io ho fatto la mia prima partita lunedì scorso e finita la partita ero fuso, sembrava di essere in un flipper. Piano piano poi ho preso confidenza con le regole e con le dinamiche, con il gioco che è strutturato in modo tale che lo spettacolo sia la cosa principale. Bisogna adattarsi a delle cose in cui fai dei movimenti e dei pensieri diversi da quelli che magari faresti nel calcio a 11, però è molto divertente sia da fare che da vedere. La cosa più divertente? Fare gol. Una regola della Kings che porterei nel calcio a 11 è il punteggio. Dopo che una partita finisce in parità il fatto che una squadra può guadagnare uno o due punti vincendo agli shotout o dei rigori aggiungerebbe spettacolo, e probabilmente le squadre comincerebbero anche a rischiare qualcosa in più verso la fine della partita".
Le giovanili del Milan
Dal 2003 al 2012 Vimercati è cresciuto nelle giovanili del Milan giocando fianco a fianco con alcuni giocatori che poi hanno sfondato nel professionismo: "Il percorso al Milan è stato di formazione, mio padre dice che il Milan è stato come la mia babysitter, ho avuto anche la fortuna di esser lì nel periodo storico in cui i rossoneri erano il club più titolato al mondo, qualsiasi persona aveva un vissuto importante a livello calcistico e soprattutto a livelli top mondiali. È stata una dottrina, molto difficile perché fare 10 anni di settore giovanile in un club del genere significa avere ogni settimana ragazzi pronti a toglierti il posto, dover subito capire cos'è la competizione, le regole, il comportamento. Tutte cose a cui magari un ragazzino non pensa. Guardando indietro è stata una grandissima formazione che tutt'ora mi porto dentro. Prima squadra? L'ambizione c'è sempre stata, ma quando si arriva ad un certo livello devi essere nell'eccellenza, quindi non rimpiango nulla. La somiglianza con Dida? Era il mio idolo, è stato il motivo per cui ho scelto di fare il portiere al Milan, i primi autografi mi firmavo col suo nome...".
{/* @ts-expect-error AMP custom element */}Ritorno al calcio
"Dopo sei anni in Armenia ho deciso di non rinnovare il contratto per varie motivazioni, ma spero di tornare al più presto a giocare. Un gol da portiere? Ci penso spesso, mi piacerebbe salire negli ultimi minuti su calcio d'angolo...".


