Non fosse una questione dannatamente seria verrebbe da riderci sopra. Anzi, il tutto è così paradossale proprio per il suo peso, da farci quantomeno restare di sasso alla Colantuono leggendo la vicenda.
I due protagonisti di questa storia sono quanto di più lontano si possa trovare nel vastissimo panorama umano ma, in virtù di logiche superiori a noi non comprensibili, s’intendono come gemelli omozigoti.
Che poi, a voler vedere, una cosa in comune ce l’hanno. Sia Rodman, sia Kim erano in taverna quando spiegavano cosa significasse rispettare qualsivoglia norma di comportamento. Il primo ha sempre viaggiato al di sopra delle regole, sportive o civili che fossero, diventando un’icona dell’anticonformismo (leggi qui la sua storia). Il secondo ha invece pensato, da dittatore, che sarebbe stato bello se tutti si fossero comportati allo stesso modo. E già che c’erano, che questo modo fosse il suo.
Insomma, per noi che siamo ormai costretti a trattare anche sulla possibilità di vedere o meno il posticipo, due figure davvero indecifrabili. Fatto sta che Kim Jong-Un, guida suprema della Repubblica popolare della Nord Corea, vede negli Stati Uniti il male assoluto, al netto di una sola eccezione: Rodman, appunto.
Il perché di questa adorazione per il tatuato ex-cestista è da ricercare ai tempi dei trascorsi europei del giovane Kim, che a Berna completò i suoi studi. Negli anni svizzeri il futuro Imperatore si appassionò al basket e, in particolar modo, ai dominanti Bulls degli anni ’90. Giocatore preferito dal Kim, ovviamente, Micheal Jor… no! Dennis “The Worm” Rodman.
Così quando nel 2013 l’ex numero 91 guidò in Nord Corea una spedizione degli Harlem Globetrotters, da sempre pionieri nell’abbattere barriere di ogni sorta, i due vennero finalmente a contatto. E come può succedere solo tra individui per così dire borderline, scattò inevitabile il colpo di fulmine. Da allora diversi funzionari di Stato americani tremano ogni qualvolta quel matto di Dennis decide di dover salvare le sorti del mondo da solo, incontrando il suo “amichetto”. Nel 2015, Rodman arrivò persino a rivendicare il Nobel per la Pace per il suo impegno diplomatico.
Oggi però, con l’escalation di provocazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord in seguito all’insediamento del Presidente Trump, tutto questo rischia di non essere più solo un pittoresco scenario di facciata. In queste ore, l’intervento dell’unico cittadino americano chiamato a poter dialogare con Kim (Dennis Ovviamente) avrebbe infatti favorito la possibilità del rilascio di quattro prigionieri americani. Uno certamente è stato già liberato, nonostante purtroppo versi in gravi condizioni di salute.
E ora che si fa? Questa pertica di oltre due metri che nessun allenatore è mai stato in grado d’imbrigliare nemmeno per un secondo, rischia di essere l’ago della bilancia per i più delicati rapporti internazionali del nostro tempo. Senza considerare poi che se l’ego di Kim fa Nazione, quello di Rodman fa Continente.
Ah, tanto per mettere le cose in chiaro, Rodman si è presentato in territorio coreano indossando una maglietta di Potcoin.com, sito che si promette di finanziare un mercato dedicato, con annessa relativa moneta, ai consumatori di cannabis.
Grazie Dennis! Ora si sta tutti più tranquilli…
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