Per chi ha vissuto gli anni d’oro del Milan di Silvio Berlusconi, il solo sentire accostare certi nomi alla maglia rossonera scatena una scossa emotiva che appartiene a un calcio quasi mitologico. È il ricordo di una squadra che ha riscritto le coordinate del panorama europeo, in un’epoca fatta di dominatori come Marco van Basten, Ruud Gullit, Frank Rijkaard, di comandanti della difesa come Franco Baresi e Paolo Maldini, viscerale intensità con Gennaro Gattuso, classe infinita con Kaká, potenza e precisione di Andriy Shevchenko. Erano gli anni in cui il Milan non acquistava calciatori: li sceglieva. Anni in cui vincere non era una possibilità, ma una condizione naturale. Quel modello, impossibile da replicare fedelmente nel calcio moderno, rimane però il faro emozionale e culturale del popolo rossonero. E oggi, mentre la squadra di Massimiliano Allegri prova a ritrovare stabilità e continuità, quell’immaginario torna a muoversi, riportando l’ambiente a un entusiasmo che mancava da tempo.
Il tecnico livornese, arrivato tra mille scetticismi, ha pian piano costruito un Milan pragmatico, solido, capace di esaltarsi negli scontri diretti e di restare agganciato alle prime posizioni nonostante qualche inciampo di troppo contro le avversarie meno blasonate. La prospettiva di tornare in Europa nella prossima stagione è concreta e la dirigenza - Igli Tare e Giorgio Furlani - sta già ragionando su un mercato che dovrà alzare l’asticella in vista di un’annata più impegnativa. E qui i tifosi si infiammano. Perché negli ultimi giorni, complice un sorriso e una frase pronunciata quasi distrattamente da Vinicius Jr dopo l’amichevole del Brasile, il Milan è tornato a confrontarsi con l’idea del “colpo alla Berlusconi”. Parole semplici, ma sufficienti a riaccendere la fantasia: “Sì, il Milan è il top”. Una dichiarazione che, da sola, ha alimentato il sogno di rivedere un fuoriclasse planetario nel cuore di San Siro. Una suggestione, certo. Ma le suggestioni, nella storia rossonera, hanno spesso anticipato la realtà.
Lewandowski e Vinicius: suggestioni enormi, operazioni quasi impossibili
Sul piano pratico, però, ci sono due operazioni che restano a oggi vicinissime all’utopia. Robert Lewandowski, che nel 2026 potrebbe svincolarsi lasciando il Barcellona, rappresenterebbe il classico colpo “alla Berlusconi”: un campione assoluto, all’alba dei 38 anni, ancora determinante e di una professionalità che garantirebbe qualità e leadership immediata. Qualche contatto esplorativo c’è stato, il gradimento del giocatore non è stato negato, ma l’ingombro economico - ingaggio, bonus, eventuale premio alla firma - resta enorme. La concorrenza di Premier League, Bayern Monaco e Paris Saint-Germain appare, oggi, un ostacolo quasi insormontabile.
Ancora più proibitiva la pista Vinicius Jr, simbolo del Real Madrid e uno dei giocatori più costosi e più protetti del mondo. Che il brasiliano abbia una simpatia per il Milan è un segnale meraviglioso per i tifosi, ma nulla che possa realmente prefigurare un trasferimento, poiché il suo contratto, i rapporti con Florentino Perez, la centralità tecnica nel progetto madridista rendono l’operazione, a oggi, semplicemente impossibile. Eppure, la sola possibilità di essere associati a nomi di questo calibro racconta che il Milan è tornato al centro della conversazione calcistica internazionale. Non significa che Vinicius Jr e Robert Lewandowski vestiranno il rossonero; significa che il club è tornato ad avere un peso, un fascino, una direzione. È, in fondo, il primo passo di ogni grande rinascita.
