La finale di Europa League 2023 tra Roma e Siviglia non rimarrà nella storia solo per il risultato sportivo. Accanto ai rigori che hanno deciso la gara, una serie di episodi fuori dal campo hanno alimentato polemiche e tensioni. Protagonista indiscusso di queste vicende è stato l'arbitro inglese Anthony Taylor, che ha raccontato la sua versione dei fatti in un’intervista alla BBC Sport, richiamando all'ordine il mondo del calcio sull'importanza del rispetto.
Tensioni in campo e fuori
Quella notte l'attenzione non è stata rivolta solo al campo al Puskás Aréna di Budapest. Anthony Taylor è stato il direttore del match, e la sua direzione ha scatenato un fiume di reazioni e polemiche. Nel corso del match Taylor ha estratto ben 13 cartellini gialli e indicato addirittura 25 minuti di recupero, un record che testimonia l’intensità del confronto. Tuttavia, a far discutere non sono stati tanto questi numeri quanto le dichiarazioni post-gara di José Mourinho. L'allora tecnico della Roma aveva etichettato la prestazione di Taylor come una "vergogna" per poi affrontarlo in un parcheggio, episodio che è costato al portoghese quattro giornate di squalifica.
L’aggressione in aeroporto
Durante il rientro a casa, l'arbitro Taylor si è trovato nel bel mezzo di un'altra tempesta: i tifosi della Roma lo hanno insultato mentre si trovava in compagnia della sua famiglia all’aeroporto di Budapest. Fra imbarazzo e preoccupazione, Taylor ha riflettuto: "Non solo perché in quel momento viaggiavo con i miei familiari, ma anche perché mette in luce l’impatto del comportamento delle persone sugli altri. Anche in una partita come quella, in cui non ci sono stati errori gravi".
Accuse e delusioni
Parole cariche di amarezza quelle di Taylor, che non nasconde la sua frustrazione: "Per me questa è una grande fonte di delusione, frustrazione e rabbia. C’è stato un tentativo di spostare l’attenzione. Non credo sia accettabile quello che è successo, perché sono sicuro che a quelle persone non piacerebbe che qualcuno si voltasse e dicesse una cosa del genere a loro o ai propri figli". Parole dure, specchio di una professione che spesso si trova sotto il fuoco incrociato di giocatori, allenatori e pubblico.