Robinho racconta la vita in carcere e accusa: "Bugie su di me"

Robinho, ex stella del calcio, sconta una pena per stupro di gruppo in un carcere brasiliano. Pur respingendo le accuse, descrive la vita dietro le sbarre senza privilegi e con un focus sulla rieducazione, affrontando con forza speculazioni su problemi psicologici o leadership tra i detenuti
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Un tempo stella del calcio mondiale, Robinho – ex attaccante di Real Madrid e Milan – si trova ora a dover fare i conti con una realtà ben diversa da quella dei campi di calcio. Condannato in Italia per stupro di gruppo, oggi sta scontando la sua pena nella prigione di Tremembé II, a San Paolo, raccontando la sua vita dietro le sbarre con una punta di incredulità.

Il reato e l'accusa

Robinho è stato condannato nel 2022 per un reato avvenuto nel 2013. Non ha mai del tutto accettato il verdetto e in un'intervista a Tv Record ha condiviso la sua versione dei fatti. Secondo il brasiliano, si tratterebbe di un grande equivoco: «Con quella donna ebbi una relazione superficiale e veloce. Era consensuale, ci scambiammo dei baci, poi tornai a casa». Robinho sostiene di essersi allontanato quando ha capito che la donna voleva continuare con altri, sottolineando con convinzione di non aver mai negato di essere stato presente al momento del fatto.

La vita nel carcere di Tremembé II

Malgrado il suo passato da calciatore di fama internazionale, Robinho afferma che all'interno del penitenziario non gode di nessun privilegio: «Non ho mai ricevuto alcun trattamento speciale. Le visite sono uguali per tutti e il trattamento è uguale per tutti». Le sue giornate sono scandite da ritmi comuni a quelli degli altri detenuti, con attività di lavoro e rare occasioni di svago, come il calcio giocato la domenica.

Voci e speculazioni

A seguito delle condanne, non sono mancate le speculazioni e le voci infondate sull'ex calciatore, incluse presunti ruoli di leadership all'interno del carcere o problemi psicologici. Robinho ha respinto con forza queste insinuazioni: «Non ho mai avuto problemi del genere, non ho mai dovuto prendere farmaci. Qui, come vi ho già detto, sono le guardie a comandare e noi, i detenuti, ci limitiamo a obbedire».

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