Per anni ha raccontato il calcio da bordocampo per Sky Sport, oggi è uno dei volti più riconoscibili di Prime Video. Alessia Tarquinio si è conquistata l’affetto del pubblico grazie a competenza, professionalità e una simpatia contagiosa, capace persino di strappare un sorriso a Denzel Dumfries e di improvvisare un epico siparietto con Jude Bellingham. La giornalista sportiva, tra le più apprezzate del panorama televisivo, si è raccontata in esclusiva ai microfoni di Chiamarsi Bomber, ripercorrendo la sua carriera e affrontando diverse tematiche come il calcio femminile e l'evoluzione della comunicazione.
Ciao Alessia, com'è nata la tua passione per il calcio e poi per il giornalismo?
“Sono cresciuta in una famiglia in cui lo sport è sempre stato presente come il pane a tavola. Fin da piccola lo seguivo in tv o sulla Gazzetta dello Sport. E poi ho sempre praticato sport, non ricordo di aver mai camminato, ho corso fin dall’inizio. Quindi è stato naturale per me passare al giornalismo sportivo. In verità il mio sogno era fare la giornalista musicale, tant’è che all'inizio scrivevo di spettacolo per un giornale locale, ma poi il redattore che si occupava della Pro Sesto dovette lasciare e fui incaricata io di seguirla perché ero l’unica che ne capiva di calcio. Da lì è iniziato tutto”.
A metà anni '90 passi dalla carta stampata alla tv. Come hai vissuto questo passaggio?
“Io benissimo, gli altri la presero male perché quando ne parlai coi colleghi mi dissero che andavo a fare la ‘giornalista di Serie B’, poi in realtà negli anni me li sono ritrovati tutti in tv. Io mi sono sempre divertita, mi piace scrivere e lo faccio ancora ma la tv mi permette di esprimere la mia creatività”.
Quanto è cambiata la comunicazione sportiva televisiva negli ultimi anni?
“Per fortuna tanto. Qualche anno fa condussi un programma su Sky in Darsena in cui invitai vari creator, tra cui anche voi di Chiamarsi Bomber. All'epoca il direttore mi disse che non aveva senso invitarli perché avevano un modo strano di parlare di calcio e perché non avevano futuro. 15 anni dopo posso dire che non è stato così e ora le tv li pagano per partecipare nei programmi. Fortunatamente il modo di raccontare lo sport è cambiato tanto e mi auguro che anche il giornalismo sportivo cambi ulteriormente”.
Sono leggendari i tuoi scambi con Gene Gnocchi ai tempi del Gnok Calcio Show. Oggi sembra che non si possa più scherzare sul calcio in tv. Cosa pensi a riguardo?
“Non è vero, è solo una questione culturale. Trasmissioni estere come Golazo e CBS piacciono a tutti per come trattano il calcio perché fanno analisi ed entertainment. Ricordo che nel 2015 avevo proposto un programma simile a Sky e mi venne detto che nessuno lo avrebbe capito. Probabilmente era troppo presto. Penso che sia compito di chi fa comunicazione fare una narrazione diversa. La gente vuole divertirsi e scherzare col calcio. Abbiamo tante cose di cui preoccuparci e lo sport dovrebbe rimanere un momento di relax e leggerezza”.
Il calciatore più divertente che hai incontrato?
“Ce ne sono tanti simpatici, ma si lasciano andare fuori dal campo. Quando hanno la telecamera puntata addosso nel pre o post partita recitano sempre un ruolo perché emerge il personaggio più che la persona. Se li incontri fuori dal contesto partita danno il meglio. Te ne dico uno che in campo non sembrava così divertente: Andrea Pirlo. È una persona simpatica e brillante, mi faceva ammazzare dal ridere”.
A proposito, come si fa a tirare fuori la persona e non il personaggio? Quali tecniche usi?
“Sono un po’ paraguru e col tempo ho capito come fare. Ci sono degli argomenti o delle curiosità che li fanno sciogliere. Prima dell’intervista parlo dei loro hobby o di una curiosità che ho sentito o che ho visto sui social. Mi serve a rompere il ghiaccio. Soprattutto con gli stranieri gioco molto con la loro lingua madre, utilizzando termini e modi di dire, così quando inizia l'intervista sono già più propensi a parlare. Cerco di documentarmi il più possibile sul calciatore che andrò ad intervistare, non solo andando a guardare i loro profili social, ma anche leggendo la loro biografia, ad esempio. Anche mio figlio mi aiuta passandomi video”.
In una recente intervista hai raccontato che quando hai iniziato a fare la bordocampista, calciatori e allenatori vedevano i giornalisti come extraterrestri. Cos'è cambiato oggi?
“Siamo sempre visti come rompiballe perché siamo sempre lì ad ascoltare e a riportare, a volte anche troppo… Non tutto andrebbe raccontato, secondo me. Quando ho iniziato nel 1999 a Milan Channel, stavamo a Milanello tutto il giorno. I giocatori non erano abituati ad avere una persona sempre presente che guardava e controllava tutto. Ricordo che il primo giorno a Milanello presi una pallonata sullo stinco da Seba Rossi che mi ha fatto capire tante cose. Adesso i giocatori e gli allenatori si sono abituati a vederci tra di loro ma all'epoca era strano”.
Nel 2020 voli in Repubblica Dominicana prendendoti l’aspettativa da Sky. Come mai questa scelta?
“Mi annoio facilmente e il rapporto con Sky è stato il più lungo della mia vita. Vent’anni erano tanti, non ce la facevo più, volevo cambiare vita complice anche il covid. Mi stavo spegnendo e non la stavo vivendo bene, probabilmente ero in burnout. Una mia grande passione è sempre stato il surf e l’avevo riscoperto andando in Repubblica Dominicana. Da un giorno all’altro mi sono resa conto che non volevo più vivere a Milano, ho chiamato il direttore per discutere della buonuscita e sono andata via. Ho scelto di andare in Repubblica Dominicana perché è dall’altra parte del mondo, posso fare surf tutti i giorni ma soprattutto non mi raggiunge nessuno”.
Sei da anni sostenitrice del calcio femminile che negli anni è cresciuto tanto ma il gap col calcio maschile a livello mediatico e salariale è ancora tanto. Pensi che si arriverà mai alla parità?
“È in crescita però mi sono scocciata di dirlo. Certo, ha fatto passi enormi rispetto a quando ho iniziato a scrivere nel 1998 e di questo sono contenta. Probabilmente la parità salariale non ci sarà mai perché il calcio maschile e quello femminile sono due mondi diversi. Gli introiti che ci sono in quello maschile non ci sono ora e probabilmente non ci saranno nei prossimi 10 anni. Il discorso americano è diverso e pertanto nessuna delle calciatrici italiane ha mai parlato di parità salariale. Quello che hanno sempre chiesto ed ottenuto era essere riconosciute come professioniste perché garantisce loro i diritti base come la maternità e le cure mediche quando si infortunano. La parità salariale non è fattibile adesso”.
Un anno fa anno diventò virale il tuo video con Bellingham. Ci racconti l'origine di quell'intervista?
“Ogni tanto mi dimentico di essere in tv e penso di essere con gli amici. Lui ha un’educazione fuori dal comune, si è creato un clima talmente piacevole che mi è venuto spontaneo fargli quella domanda. Da lì si è creato un rapporto particolare. Ogni volta che lo incontro mi chiede sempre come sta mio figlio e io gli chiedo come sta la sua famiglia. Si è creata un’amicizia”.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
“Ne ho tanti, prima di andare in pensione mi piacerebbe condurre un programma tutto mio e poi mi piacerebbe fare i Mondiali l’anno prossimo. Ultimamente dico sempre che mi piacerebbe fare un cameo in una serie crime, che forse è il sogno che ha più possibilità di realizzarsi (ride, ndr)”.