Salsano racconta il gruppo azzurro e svela chi è stata la vera anima dello spogliatoio. Il collaboratore tecnico e tattico del ct, compagno di Roberto Mancini alla Sampdoria da calciatore a fine anni ’80 e poi suo collaboratore in panchina per 17 lunghi anni, in un’intervista a Il Mattino svela alcuni retroscena che hanno portato la nazionale italiana fino al trionfo di Wembley. Il merito va sicuramente al commissario tecnico ma va anche allo staff e ai ragazzi che hanno saputo creare un gruppo compatto, una famiglia.
Un gruppo, che era in sintonia su tutto dalla mattina alla sera: “Coverciano è diventata la nostra casa ed è nato un gruppo che era in sintonia su tutto, dalla colazione a quando andavamo a letto. Siamo diventati una famiglia, tra palestra, allenamenti e boccette. A boccette sono il più forte di tutti e la sera l’appuntamento fisso per i ragazzi era venire a vedere le nostre sfide. Io in coppia con Attilio Lombardo sfidavamo Vialli e Battara. Tutti a fare il tifo. Ecco cosa vuol dire il gruppo”.
Salsano racconta il gruppo azzurro: “Pessina ormai risponde in napoletano a tutti”
Uno spogliatoio e una famiglia che avevano un’anima ben definita, un’anima napoletana: “Pochi dubbi, il gruppo napoletano ha creato il gruppo della Nazionale. Hanno fatto da traino. Basti pensare che ormai Pessina risponde in napoletano a tutti. Per non parlare delle canzoni: ormai solo tormentoni neomelodici. Avevano coinvolto tutti, Ciro Immobile e Lorenzo Insigne sono due fenomeni. Siamo stati 50 giorni insieme e non c’è mai stato un momento di noia”.
Salsano racconta il gruppo azzurro ma anche Mancini. L’ex centrocampista collabora dalla panchina con il tecnico da 17 anni. È stato con lui all’Inter, al Manchester City, ma anche al Galatasaray e allo Zenit ed è fiero del lavoro svolto: “Roberto è stato bravissimo. Ha concesso sempre molta libertà, ma facendo rispettare le regole”.
Ma qual è il ruolo di Salsano nella Nazionale di Mancini? Prova a spiegarlo lui stesso: “Ero sempre in contatto con i match analyst per controllare se quello che vedevamo noi in campo fosse corretto e se c’era qualcosa da sistemare nella squadra. Di solito ero in tribuna, ma stavolta ho seguito le gare in panchina”.


