Una carriera vissuta alla corte dei più grandi allenatori del mondo, uno sguardo curioso e moderno sul calcio, e un presente da tecnico emergente in Serie A. Cesc Fabregas continua a stupire, non solo per la rapidità con cui ha costruito la sua nuova vita in panchina, ma anche per la lucidità con cui analizza colleghi, idee e metodi. Nell’intervista rilasciata a La Provincia di Como, l’ex centrocampista di Arsenal, Barcellona e Chelsea ha parlato a ruota libera, regalando aneddoti e giudizi mai banali.
I tre nomi di Fabregas
Tra gli allenatori che più lo ispirano in Italia, Fabregas non ha dubbi: “Mi piace molto Italiano per il coraggio, Gasperini per il gioco e la mentalità, e Chivu sta facendo molto bene”. Tre nomi che raccontano molto del suo modo di vedere il calcio: verticalità, intensità, principi chiari e un’identità forte. Non manca un sorriso quando parla del compagno di corso Pisacane: “Che ridere. Lo apprezzo molto, ha idee propositive, ma a Como è stato molto prudente. Ci abbiamo scherzato su dopo”.
Gli anni con Conte
I ricordi più intensi arrivano però quando Fabregas torna agli anni londinesi con Antonio Conte: un maestro esigente, quasi estremo nella preparazione fisica. “Con Conte è stata durissima. Mi piace molto, è un grande. Ma che fatica con i suoi allenamenti al Chelsea. Alla fine della sessione mi dovevo appoggiare a un compagno perché stavo svenendo”. Parole che confermano la fama del tecnico pugliese: cura ossessiva dei dettagli, intensità massima, ritmo sempre altissimo. E allo stesso tempo una stima sincera, di chi sa di essere cresciuto anche attraverso quelle difficoltà.
Il calcio è semplice
Fabregas ha parlato anche di Massimiliano Allegri, che ha avuto modo di osservare con attenzione attraverso analisi, studi e confronti: “Il suo calcio è molto semplice, lo dice spesso. Lo dice e lo fa. Ha una sua idea ed è bravo a svilupparla”. Nessuna critica, solo una constatazione: Allegri è fedele a se stesso, ai suoi principi, alla sua interpretazione pragmatica del gioco. Ed è proprio questa coerenza, nella visione dello spagnolo, a renderlo un tecnico apprezzabile.
Il progetto del Como
Tra presente e futuro, però, il cuore dell’intervista riguarda il percorso costruito a Como. Fabregas non nasconde la fatica dei primi mesi: “Quando avevo iniziato eravamo io, Ludi e Suwarso: facevamo tutto noi tre. C’erano tanti compiti, ce li dividevamo”. Oggi lo staff è cresciuto, è più ampio, più specializzato, e soprattutto rappresenta un supporto fondamentale per la lettura delle partite. L’ex fuoriclasse cita proprio un episodio durante Como–Atalanta: “A un certo punto Gasperini era passato a quattro dietro. Mi giro verso Charlie (Ludi) e mi dice: ‘Guarda Cesc che non lo fa mai’. Capire la partita grazie a chi conosce il calcio italiano da anni è fondamentale”.
Fabregas guarda avanti, con la stessa curiosità che lo ha reso grande in campo. Il Como è soltanto l’inizio: idee chiare, umiltà, ambizione e un bagaglio di esperienze che lo rendono uno dei tecnici più intriganti della nuova generazione.


