Otto maggio 2016. Sampdoria-Genoa 0-3, blucerchiati sconfitti e Antonio Cassano in campo con la maglia blucerchiata. Fischiato, alla pari dei suoi compagni, per un derby perso malamente e una stagione storta. Esattamente 29 mesi fa. Una vita. Eppure Antonio Cassano continua a far discutere, guadagnare titoli sui giornali, occupare prime pagine. Con la stessa, comune tesi: “Voglio tornare a giocare, ma lo farei a modo mio e dove decido io”. Quasi come quando da piccoli portavamo il pallone in piazza e pretendevamo di decidere gli schieramenti, optando per i più forti ed escludendo gli altri. Ecco. Cassano ha il pallone tra le mani. O almeno, crede ancora di averlo.
TANTI TITOLI, ZERO TITOLI
Gli ultimi due anni e mezzo scarsi trascorsi con le scarpe da calcio slacciate sono la perfetta sintesi della carriera di Fantantonio. Genio e sregolatezza, miglior alleato di se stesso e peggior nemico delle sue qualità fuori dal comune. Le stesse che lo avevano portato in volo, come quell’aggancio di tacco che aveva stregato Blanc e Ferron quando era ancora minorenne, da Bari a Roma. E di lì a Madrid, sulle due sponde di Milano e nelle fila di Sampdoria e Parma. Asciugando lacrime in Nazionale nell’Europeo 2004 e dispensando assist in azzurro nel 2012 in Polonia e Ucraina. Ma sempre con gli stessi limiti mentali. Quelli che hanno portato il pibe di Bari Vecchia ad accontentarsi troppo presto, tanto da mettere in discussione la sua carriera a 34 anni. Per intenderci, la tappa sulle candeline che Cristiano Ronaldo spegnerà nel prossimo febbraio. E lo farà da leader indiscusso della scena del calcio mondiale. Così, con gli anni Cassano è diventato una manna per i titolisti dei giornali – tra sfoghi contro la Juventus, rivelazioni piccanti e preferenze di voto sui colleghi – ma nella sua bacheca trovano posto solo un campionato di Serie A, una Liga e due supercoppe tra Spagna e Italia. Meno di un Padoin qualsiasi. Eppure non gioca da 29 mesi, ma in tanti lo cercano. Come se si tentasse di convincere Francesco Totti, che ha svestito la maglia della Roma dal maggio 2017, a tornare in campo.
PETER PAN
Eppure di porte girevoli spinte troppo lentamente Tonino da Bari ne ha avute a disposizione. Peccato che nei momenti in cui bisognava passare dallo status di campione a quello di fuoriclasse questo non sia avvenuto mai. O quasi. La sensazione è che Cassano si sia accontentato. Di un ambiente che lo facesse sentire in famiglia, come a Genova. Di tante belle giocate, ma raramente decisive, almeno in proporzione alle doti tecniche di un calciatore capace di trovare corridoi inimmaginabili. Una sindrome di Peter Pan applicata al pallone, che Antonio ha dato la sensazione di mettersi alle spalle nel momento del matrimonio con la sua Carolina, un passo che sapeva di maturità. Alla fine, però, si scorre la sua carriera in un eterno “Rewind” e tra la stagione monstre alla Sampdoria, la risurrezione nell’Inter di Stramaccioni e le tracce di classe disseminate a Parma trovano spazio anche le corna esibite all’arbitro Rosetti, la lettera licenziamento per mano di Ferrero, le eterne discussioni con Fabio Capello a Roma e Madrid. Amarezza. A palate.
ORA L’ENTELLA?
Le ultime immagini di Antonio Cassano con una maglia da calcio sono quelle dell’estate 2017. L’Hellas Verona gli restituisce una chance, lanciando un suggestivo tridente: Cerci-Cassano-Pazzini. Operazione nostalgia fallita in partenza, con il Pazzo spedito in panchina prima e in Spagna poi e l’ex Torino troppo ondivago nel rendimento e nell’atteggiamento. Fantantonio? Ha abdicato prima dell’inizio della stagione, diventando “un errore” per ammissione dell’ex ds gialloblu Fusco. Lo ha fatto per amore e per colmare la distanza dalla famiglia, come un moderno Edoardo VIII. Eppure il suo trono Cassano non l’ha mai abbandonato, continuando a comparire sui giornali e (meno) in tv. L’ultima comparsa mediatica pochi giorni fa, con il “no” al nuovo Monza di Berlusconi e Galliani. La motivazione? “Mi sento ancora un giocatore di A, posso fare ancora la differenza: se scendo di categoria vado solo all’Entella” ha spiegato. E Gozzi, patron dei liguri, sembra pronto ad accoglierlo. Eppure sarebbe serie C anche quella. Ma a pochi chilometri da Genova. Un’altra contraddizione di Fantantonio è pronta a prendere forma?