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Il mio idolo Leonardo Pavoletti

calcio09/09/2016 • 12:27
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Pensare che da piccolo quando mio padre mi portava a vedere le partite di pallone dai suoi amici, puntualmente, mi appisolavo dopo qualche minuto. Ero piccolo, andavo ancora all’asilo, e niente, quello sport proprio non mi entusiasmava, non catturava la mia attenzione, non suscitava la curiosità tipica dei bambini. Poi, come spesso accade nella vita, da qualche parte qualcuno deve aver schiacciato un pulsante, un interruttore, e quello sport, che fino a qualche tempo prima significava noia e dormite di novanta minuti, adesso era diventata la mia passione più grande. Col passare degli anni questa passione è cresciuta esponenzialmente mutando in varie forme fino ad arrivare allo stadio di “droga” attuale. Brutta bestia il calcio, ti prende, entra dentro la tua materia grigia e non esce più.
Col passare del tempo, scandito dalle varie edizioni di Mondiali, Europei e Champions League, ho potuto ammirare le gesta di innumerevoli campioni e giocatori che in qualche modo i miei gusti calcistici facevano prevalere su altri, è così per tutti, chi preferisce Cristiano a Messi oppure Neuer a Buffon, e così via. Ma tutti, proprio tutti, gli appassionati di calcio hanno un giocatore che li fa impazzire, uno per cui stravedono, di cui sono quasi innamorati, insomma ci siamo capiti, ognuno ha un proprio idolo, è una delle poche certezze che accomuna tutti i tifosi di questo mondo.
Ed è qui che viene il bello, il motivo per cui siete qui a leggere questa storia (ma chi te l’ha fatto fare ?!).
I giocatori più gettonati del pianeta sono Messi, Cristiano e Neymar. Beh è facile e scontato (penso io) innamorarsi calcisticamente di questi tre, infatti a me piace andare controcorrente, spesso non so neanch’io perché ma è così. Il mio idolo calcistico è Leonardo Pavoletti.
Quella del Pavo è una carriera tra le più romantiche del calcio italiano moderno, una storia fatta di gavetta, sudore, sacrifici, viaggi, momenti bui, messi dentro un catalizzatore chiamato “Determinazione”. Nel calcio di oggi sono sempre meno i giocatori italiani che emergono dalle categorie dilettantistiche, dove si gioca e si respira il calcio quello vero. Complice la “Legge Bosman” i nostri campionati vengono riempiti di giocatori stranieri che durano il tempo di mezza stagione e poi spariscono riemergendo qualche anno dopo col titolo di “vecchia promessa del calcio internazionale”. È per questo che la storia del Pavo è fantastica. 
Inizia la carriera in una società di Livorno, l’Armando Picchi, che milita in Serie D. Seguono due anni abbastanza positivi, uno a Viareggio, dove segna sei reti nel 2008-2009 in Seconda Divisione, e poi a Pavia sempre nella vecchia “C2” dove realizza nove reti. Poi arrivano due stagioni avare di gioie e gol, alla Juve Stabia e al Casale. Ma il Pavo decide di sopportare la tempesta per riuscire a vedere l’arcobaleno e nel 2011-2012 a Lanciano è il bomber più forte del campionato : quindici gol in regular season più uno in finale play-off che permettono agli abruzzesi di ottenere la prima storica promozione in Serie B. Una società di cui si sente già parlare molto bene lo compra nell’estate del 2012 e il Pavo fa le valige, direzione Sassuolo. Cinque gol nelle prime quattro partite in B : è inarrestabile. Poi arriva quell’assurda squalifica di un mese per doping, causa… Rinoflumicil. Al rientro il posto da titolare è diventato di qualcun altro e il Pavo si deve “accontentare” di undici gol in trentatré presenze che contribuiscono alla leggendaria ascesa in A dei nero-verdi, tutto questo alla sua prima stagione in cadetteria. L’estate successiva fa il suo esordio in A, ma proprio a fine mercato accetta la proposta del Varese e torna in B a farsi le ossa, e diciamo che in quella favolosa annata 2013-2014 le ossa se le fa eccome : venti gol in campionato più quattro nei due match di play-out contro il Novara, un totale di ventiquattro realizzazioni che senza giri di parole valgono la salvezza del club lombardo. È proprio durante questa annata che il Pavo diventa il mio idolo a tutti gli effetti. Mi documento sulla sua carriera e in pochi giorni so a memoria tutti i passaggi che avete letto fin’ora. Grazie ad un caro amico d’infanzia di mio padre che lavora nello staff tecnico del Varese, riesco ad avere una maglia del Pavo, che da quel giorno conservo nel mio armadio, rossa con il numero “14” bianco.
Il resto della storia ve lo risparmio perché penso abbiate capito il senso e vi lascio immaginare le mie reazioni ad ogni suo gol seppur io non sia tifoso di nessuna squadra in cui lui ha giocato.
Però da quel giorno ho deciso di fare il tifo per lui a modo mio… quando mi capita di fare un viaggio, in Italia o in Europa, porto sempre con me quella maglia rossa del Varese e scatto una foto in ogni luogo famoso che visito, spalle all’obiettivo della fotocamera. È il mio modo per dire che il Pavo è una grandissima persona, che ha saputo crederci fino in fondo, che non ha mai mollato credendo sempre nel proprio sogno. Penso che sia l’esempio migliore che si debba insegnare ai bambini delle scuole calcio, perché avendo avuto la fortuna di chiacchierare con lui ho capito che è un uomo di umiltà straordinaria, entrato in punta di piedi in un ambiente in cui bisogna avere gli attributi e le capacità altrimenti non si sfonda. Ogni foto che scatto in un luogo famoso ed importante è la storia del Pavo che si ripete, la sua maglia rappresenta il Pavoletti, uomo, calciatore, umile e sorridente che senza cambiare mai ha saputo ritagliarsi il suo spazio in un panorama, che ora può ammirare dall’alto, riguardando le strade che ha percorso per arrivare fino a lì, orgoglioso del suo passato con cui si è costruito un grande presente.
 Carlo Codeglia
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