Non è più domenica (Senza Baggio)

calcio16/02/2018 • 22:00
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Con una sola frase di un ritornello Cesare Cremonini ha spiegato tutto il significato che Roberto Baggio riveste nella nostra idee di calcio: da quando Baggio non gioca più, non è più domenica.
Una frase semplice, che in teoria potresti dire a qualsiasi dei tuoi idoli che hanno appeso le scarpe al chiodo, ma che per nessuno avrà mai lo stesso potere che ha per Baggio.
Totti, Zanetti, Del Piero e Maldini hanno giocato con una sola maglia, se la sono cucita addosso e si sono fatti amare da tutto il mondo. Baggio ha giocato per Milan, Inter, Juve e Fiorentina e si è ugualmente fatto amare da tutti.

Sono entrambe categorie di un modo molto romantico di concepire il gioco, ma il peso specifico della categoria di Baggio è senza dubbio più complesso da portarsi sulle spalle. In un mondo in cui è facile rompere il legame con tifoserie innamorate – vedere la voce Higuain a Napoli – non è così scontato lasciare bei ricordi alle squadre che hai lasciato in nomi di grandi rivali. Dalla Fiorentina alla Juve, dal Milan all’Inter, nulla è cambiato. Gli applausi sono rimasti, sempre.
Potrebbe essere l’unico caso al mondo e il motivo è uno solo: Roberto Baggio, prima di tutto, era un giocatore della Nazionale. Lo riconoscevamo come numero dieci dell’Italia, e basta. Che giocasse nella Juve, nel Milan o nell’Inter era quasi secondario. Quelle ci sembravano parentesi buone solo a regalarci domeniche piene del suo talento.
Nessuno di quei tifosi ha mai accusato il Divin Codino di tradimento.

Per il cinquantunesimo compleanno di Baggio, allora, non vogliamo fargli gli auguri, ma dirgli grazie.
Grazie per averci fatto accantonare la rivalità e unito un po’ di più questo Paese.
Grazie per essere stato sovrumano al punto da giocare divinamente nonostante sette operazioni alle ginocchia.
Grazie per aver sbagliato quel rigore in Brasile. Il fatto che lo abbia sbagliato tu, ci ha tolto un po’ di rabbia.
Grazie per aver risposto sul campo alle esclusioni di Lippi: nessun tuo tifoso potrà mai dimenticarsi quando hai portato da solo l’Inter in Champions.
Grazie perché quando eri infortunato eri talmente maniacale da non uscire per non farci credere che facessi la bella vita.
Grazie per aver avuto profondo rispetto di qualsiasi campo tu abbia toccato, di qualsiasi maglia tu abbia indossato.
Grazie per essere stato il nostro numero dieci.
Non quello della Juve, non quello del Milan e non quello dell’Inter. Ma quello dell’Italia.
È per il  rispetto che hai dato a noi che conserveremo in una teca il ricordo della tua carriera magistrale.
La guarderemo e la riguarderemo, e ci ricorderemo di quella volta in cui a San Siro eravamo in milioni di persone – in ogni angolo di mondo –  per darti l’ ultimo lungo applauso sul rettangolo verde.
Era il nostro piccolo segno di riconoscenza per il rispetto che tu hai dato a tutti noi.
Per averci fatto innamorare sempre di più del modo in cui trattavi il pallone.
Da quel maggio 2004 non c’è più domenica.

calcio16/02/2018 • 22:00
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Tags :Italia

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