San Faustino, la festa di chi è ancora single. Una sorta di terzo tempo per chi il 14 ha subito il bombardamento di citazioni melense sulla bacheca di Facebook con tanto di foto di colazioni a letto e mazzi di rose improbabili. Quanto impossibili da concepire nei restanti giorni dell’anno. La festa dei giocatori di Football Manager insomma. Sì, perché pensare di poter trovare una morosa nella terza divisione cilena è un’impresa improba, nonostante gli scout sguinzagliati in Sud America con mandato di stalkerare anche la moglie del magazziniere in uscita dal campo dopo la partita.
Secondo la leggenda, San Faustino subì un trattamento decisamente poco cordiale in epoca romana a causa della propria fede religiosa. Un martirio diverso – ma pur sempre un martirio – è quello che vivono sulla propria pelle i giocatori del manageriale più bestemmiato della storia videoludica. La condanna ad assistere a trasferte con il pallone fisso nella trequarti avversaria ed il possesso palla della propria squadra pari alla probabilità di superare le tre ore di gioco. E nonostante quindici tiri in porta al minuto, al novantaduesimo, su calcio d’angolo, si subisce il gol della sconfitta. Dall’avversaria che gioca in dieci dal sessantesimo.
Non ci sono rose con o senza spine per i giocatori di FM, non cè scelta tra rosso e bianco: ci sono solo rose corte o da sfoltire, giocatori da riconfermare ad ogni costo o forzare alla rescissione. C’è ben poco spazio per il romanticismo quando il miglior marcatore della squadra inizia a piantare grane per il rinnovo del contratto. Ed il budget per gli ingaggi segna profondo rosso.
Chi gioca a Football Manager vuole puntare sempre in alto. Mentre la dirigenza pensa di poter disputare un onesto campionato a metà classifica, il manager da tastiera ambisce almeno ai play off. Un po’ come quando si rinuncia alla ragazza carina, senza troppi fronzoli, per ambire al figone. Che però proprio non ne vuole sapere di voi, ragazzo provinciale senza troppe ambizioni. Ed è proprio allora che si rimane a piedi, senza squadra e senza donna.
La vita del single è come una sessione di mercato scoppiettante, che si chiude con un crash del gioco. Un crash che riavvia direttamente il PC lasciando qualcosa in più di una semplice farfalla nello stomaco. Un po’ come quando si strappa il numero ad una ragazza, si inizia a scrivere ma alla fine, per qualche strano scherzo del destino, non si è ritenuti all’altezza del ruolo di fidanzato.
Nella vita reale però non c’è nessun salva partita che possa consentire di ripartire dalla settimana precedente. O dall’inizio dell’estate. Quel “salva partita” straziante ma essenziale per la sopravvivenza di tanti allenatori sparsi per il mondo. Straziante come l’ultimo due di picche portato a casa in discoteca, essenziale come la vita del single: pizza, birra e quella squadra di quartiere da portare in Champions League.
Buon San Freddy Adu a tutti.
Articolo di: Nicolò Premoli