Con il Bologna in corsa per un posto in Champions e una finale di Coppa Italia all’orizzonte, il direttore sportivo dei rossoblù Marco Di Vaio si concede a La Repubblica e torna su ciò che poteva essere – e non è stato.
“Abbiamo inseguito Hummels per due mesi”, confessa senza mezze misure. Eppure, anche se il difensore tedesco fosse arrivato, qualcosa sarebbe rimasto complicato. “Penso però che anche con un paio di puntelli in più avremmo comunque sofferto il cambio di mentalità radicale tra gli allenatori. Vincenzo Italiano è l’opposto di Thiago Motta”.
Il Bologna ha dovuto ricostruire non solo una squadra, ma un’identità. E non tutti sono riusciti a tenere il passo. “Skov Olsen è stata la delusione più grande”, ammette Di Vaio con amarezza. “Ero sicuro che potesse esplodere. Abbiamo fatto di tutto per strapparlo alla concorrenza delle big, ma non era pronto. Non ha retto la pressione”.
Anche Karlsson non ha rispettato le attese: “Avevamo più report positivi su di lui che su tanti altri e invece non è riuscito a imporsi”.
Ma il calciomercato è fatto anche di sorprese, e alcune – stavolta – sono state felici. “Odgaard, Dominguez e Castro sono le rivelazioni più positive dell’anno. Odgaard grazie a Italiano ha scoperto di essere una vera seconda punta, ruolo mai ricoperto prima dove invece fa davvero la differenza. Ma anche Castro ha sostenuto l’attacco in modo sorprendente".
Poi c’è il tema della direzione sportiva, spesso valutata dall’esterno con occhi semplicistici: "Le decisioni sono sempre state collegiali, nessuno ha mai preso un giocatore da solo, ma tutto è sempre stato condiviso fin dalla preparazione della trattativa. Poi capisco che per i tifosi e i giornalisti i giocatori debbano essere sempre figli di qualcuno. Per molti quando le cose vanno male è colpa di Di Vaio, pazienza…”.
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