Yuri Romanò: "Io interista sfegatato, ero abbonato in Nord. Differenze tra Nazionale e Italvolley? Una regola ha aiutato tanto, spero la adottino anche nel calcio"

Abbiamo intervistato in esclusiva Yuri Romanò, una delle stelle della Nazionale Italiana di pallavolo campione del Mondo qualche settimana fa. Dal calcio al volley, passando per l'amore per l'Inter.
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Abbiamo avuto il piacere di fare una bella chiacchierata con Yuri Romanò, reduce dalla vittoriosa spedizione mondiale dell'Italia della pallavolo nelle Filippine, torneo in cui è stato premiato come miglior opposto. 28 anni, l'asso milanese questa estate ha lasciato l'Italia per trasferirsi in un campionato super competitivo come quello russo.

 

Abbiamo parlato, ovviamente, della recente impresa dei ragazzi di Fefé De Giorgi, ma la discussione si è rapidamente spostata sul calcio, grande passione dell'opposto milanese. Tifosissimo dell'Inter, Romanò ci ha raccontato alcuni aneddoti del suo passato da calciatore e da fan nerazzurro, dimostrando un'ottima conoscenza del pianeta calcio. Che si prospetti un futuro nel pallone per lui? Gli abbiamo chiesto anche quello...

Vincere un Mondiale è difficile, vincerne due consecutivi è un'impresa: qual è il segreto di questo gruppo?

"Il segreto del gruppo è proprio il gruppo. Lo diciamo da anni ed è la verità, stiamo bene insieme, in campo e fuori. In Nazionale è importante star bene insieme anche fuori dal campo, perché durante queste competizione stiamo insieme per quasi un mese e se non ti sopporti diventa difficile. Per fortuna noi siamo tutti molto amici e questo si riflette anche in campo, credo che da fuori lo vedano tutti".

C'è ora da sfatare il tabù Olimpiadi, il gruppo è giovane ma maturo, l'obiettivo è Los Angeles?

"Sì, sicuramente è un obiettivo molto importante, così come lo era Parigi. Per la pallavolo l'Olimpiade è la competizione più prestigiosa e sicuramente una medaglia olimpica è un obiettivo che abbiamo in testa. Speriamo di arrivarci bene, useremo questi anni per arrivare il meglio possibile e magari nel frattempo toglierci qualche altra soddisfazione nei tornei intermedi. Rimane un po' un tabù per la Nazionale Italiana, però non la viviamo con troppa pressione".

Nasci calciatore, poi lo switch sulla pallavolo, qual è stato il motivo?

"Il principale motivo è stato il cambiamento fisico, iniziavo a crescere molto e non avevo più un fisico da calciatore. In più anche a livello tecnico c'è stato un periodo, alle medie, in cui ero bravino, poi ho iniziato a non migliorare più di tanto, mentre chi era più portato continuava a migliorare. Vista l'altezza la scelta era basket o pallavolo, grazie a mia mamma sono andato verso la pallavolo ed è stata la scelta giusta. A un certo punto a calcio son diventato scarso... (ride ndr)".

Sei un grande tifoso dell'Inter, come nasce questa passione?

"Principalmente nasce da mio papà, grande interista che mi ha sempre portato allo stadio fin da quando ero piccolino. Quando poi ho iniziato a capire il calcio abbiamo fatto 5 anni di abbonamento in tutto, tra cui anche l'anno del Triplete che è stato molto bello. Poi iniziando a giocare ad alto livello non sono riuscito più ad andare, ma l'ultimo anno di abbonamento l'ho fatto in Curva Nord, da vero tifoso".

Non puoi non dirci cosa hai provato dopo la debacle contro il Psg...

"È stato brutto. Tra l'altro ho fatto i salti mortali per vederla perché avevamo un'amichevole con la Nazionale che è finita proprio qualche minuto prima della finale. Sono corso in spogliatoio e l'ho guardato un po' mentre ero sotto la doccia, un po' mentre eravamo a cena... era meglio se non l'avessi guardata... Devo dire che durante l'anno sono sempre stato un sostenitore di quelli che valutavano la stagione come una 'grande annata', nonostante l'epilogo. È stato bellissimo vivere il percorso, soprattutto la semifinale col Barcellona. Forse perché sono uno sportivo e so bene come funziona: non giudico la stagione come fanno molti da quel 5-0 in finale di Champions, ma nel suo complesso. Ovviamente rimane in testa quel finale disastroso, ma tutto sommato è stato un anno che mi ha fatto vivere delle belle emozioni".

Hai invece ricordi nitidi del Triplete?

"L'anno del Triplete è stato bellissimo, anche perché son riuscito a viverlo per la maggior parte allo stadio, anche le partite di Champions. Quando penso alle partite più belle viste allo stadio sicuramente ci sono dentro quella col Barcellona vinta 3-1 in casa, alcune di campionato con Mourinho, qualche rimonta da pazza Inter, mi è rimasta impressa quella con il Siena con la doppietta su punizione di Sneijder. Quell'anno lì mi sono divertito un sacco, purtroppo non sono riuscito ad andare alla finale, ma l'ho vista da casa, è stato incredibile".

Che ne pensi della scelta della società di affidare a Chivu la panchina e in generale come ti sembra come allenatore?⁠

"Secondo me non è stata affatto una scelta di ripiego come hanno detto, viste le notizie e i nomi che giravano. Mi sarebbe piaciuto Fabregas per quello che sta facendo a Como, però poi vedendo le prime conferenze stampa, mi è piaciuto fin da subito Chivu. Poi ha dei valori importanti, il suo 'Interismo' è molto chiaro. Si stanno vedendo dei miglioramenti partita dopo partita. Sono molto positivo e penso bisogna dargli tempo e non prendere decisioni affrettate. Mi sta piacendo sempre di più, credo che possa esser stata una scelta azzeccata".

Inzaghi, tradimento o giusta chiusura di un ciclo?

"Giusta chiusura, a me piaceva molto Inzaghi come allenatore".

⁠Ricordi la tua prima partita allo stadio? Hai qualche aneddoto riguardo la tua esperienza da tifoso?

"Allora, ho una foto che la testimonia, però ero piccolo piccolo, forse camminavo da qualche mese quindi nemmeno la ricordo. La collego con quell'immagine. Un aneddoto? Ce ne sarebbero tanti, ne abbiamo vissute tante. Se penso alla vita da stadio a me hanno sempre divertito molto i litigi tra tifosi della stessa squadra sui vari giocatori. Queste cose che ti fanno sentire l'amore che provano alcuni mentre sono allo stadio".

⁠Qual è stata la follia più grande che hai fatto per l’Inter?

"In realtà non ho mai fatto grandi follie, quando andavo allo stadio vivevo a Milano quindi ero anche comodo, andavo con mio papà. Poi ho giocato a Piacenza e andavo allo stadio da lì, non era così estrema. Non ho mai avuto bisogno di fare pazzie, ma se ci fosse l'occasione ne farei...".

Perché la Nazionale di calcio non raggiunge i livelli dell'Italvolley?

"Secondo me a noi della pallavolo ha aiutato tanto la regola di far giocare gli italiani in campionato. Da regolamento c'è l'obbligo di avere tre italiani sempre in campo, e questo ti obbliga a far giocare giocatori italiani, giovani italiani. Poi il campionato italiano è uno dei migliori al mondo, se non il migliore, quindi permette ai tuoi giovani di giocare a livelli altissimi ed è normale che si creino nuovi talenti. Non so se sia possibile farlo nel calcio, ci stanno provando con l'obbligo di mettere in lista giocatori cresciuti nel vivaio, però poi bisognerebbe anche metterli in campo. Si dice spesso che uno come Lamine Yamal non avrebbe mai giocato in Italia a 16 anni, e forse è vero. Da noi c'è troppa pressione e spesso fretta nel giudizio e questo non aiuta".

Julio Velasco ha un passato come dirigente di Lazio e Inter. Ti vedresti un domani in qualche ruolo nel mondo del calcio? Ti piacerebbe?

"Magari... Mi piacerebbe essere nel mondo del calcio, però non ho idea di cosa saprei fare, sono molto obiettivo. Non so in che modo potrei essere utile al mondo del calcio, però se inventassero un ruolo per me sicuramente raccoglierei l'occasione".

Nel gruppo dell'Italvolley ci sono altri grandi tifosi di calcio oltre te?

"Quelli che seguono di più siamo io e Michieletto per l'Inter, Sbertoli per il Milan e poi c'è Anzani per la Juventus. Però devo dire che Sbertoli è un milanista intelligente, ci si può parlare, non ci scanniamo mai. A volte battibecco un po' con Anzani ma perché a lui piace andare allo scontro, ci divertiamo".

Giulio Piras
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