Il dramma del razzismo una macchia che il calcio non riesce a cancellare. Nonostante le molteplici iniziative di sensibilizzazione e le denunce sempre più accese, le offese razziali continuano a essere una costante nei campi di gioco di tutto il mondo. La Spagna, patria di grandi campioni e derby infuocati, non è immune da questo cancro.
Il nuovo bersaglio: Lamine Yamal
In passato è toccato alle stelle come Samuel Eto'o e Dani Alves. Oggi, nel mirino degli odiatori troviamo Lamine Yamal, il giovanissimo attaccante del Barcellona che ha stupito tutti trascinando la Spagna all'ultimo Europeo con le sue incredibili giocate. "Puto negro morito", "moro inmundo" sono solo alcuni degli insulti che invadono i social, un fiume di odio che, secondo il report dell'Osservatorio iberico sulla xenofobia, rappresenta il 60% degli attacchi razzisti online nei confronti di giocatori.
Rodrigo, un’altra stella calda nel firmamento della Liga, non è risparmiata, ma i numeri parlano chiaro: nessuno è bersagliato quanto Yamal. Il report evidenzia il paradosso di un paese che può vantare una storia ricca di talenti calcistici, ma che non riesce a proteggere i suoi campioni dalle peggiori bassezze dell’animo umano.
Un problema radicato
Sfortunatamente, il razzismo non è un fenomeno nuovo per la Spagna. Già nel 2008, Lewis Hamilton diventò bersaglio di cori razzisti durante il Gran Premio di Spagna di Formula 1. E se torniamo indietro al 2006, la memoria va al giorno in cui Samuel Eto'o, durante un incontro tra Barcellona e Real Saragozza, fu così offeso da cori animaleschi che minacciò di lasciare il campo.
Social media: una palestra per gli haters
I social network, che dovrebbero essere un territorio di convivialità e dialogo, spesso si rivelano una tela bianca per odio e intolleranza. La facilità con cui gli utenti possono disseminare insulti fa venire i brividi. La facilità con cui si possono tentare di distruggere sogni e carriere senza nemmeno scendere in campo. Da Brahim Díaz a Inaki Williams, passando per Mbappé e Balde, nessuno è immune nel mondo calcistico globale. Interazioni che, anziché esaltare i brividi di una giocata o la bellezza di un dribbling, lanciano frecce avvelenate invisibili. Giocatori ridotti da eroi a vittime di un tifo che ahimè, sa trasformarsi nel peggior nemico di questo sport.
Conclusione e una speranza
La lotta contro questo fenomeno non conosce pause e non deve concederne, con la consapevolezza che solo un'azione coordinata tra istituzioni, club e tifosi stessi potrà portare ad un cambiamento reale.


