La presenza del Kairat Almaty nella Champions League ha sollevato più di un sopracciglio. Un club situato al confine con la Cina, ma che si ritrova a calcare i campi della più prestigiosa competizione calcistica europea. La questione diviene il fulcro dell'interessante reportage di Owen Slot per il Times, un viaggio nel cuore di una realtà calcistica che sfida le convenzioni geografiche e sportive.
La geografia del paradosso
Il *Kairat Almaty* è un club che appartiene geograficamente a una terra di contrasti. La squadra, con sede in una città che si trova più vicina al Nepal che alla Turchia, partecipa a una competizione cucita addosso ai club europei. Ma perché? Parte della risposta risiede nella geografia stessa: mentre Uzbekistan, Kirghizistan e Turkmenistan si trovano più a ovest di Almaty ma restano nel contesto asiatico, il gigante Kazakistan ha un piede in Europa giocando la carta del fiume Ural. Questo fiume permette al paese di scegliere su quale continente appoggiare il proprio spirito calcistico.
Motivi oltre il confine
Ma c'è di più di una semplice questione geografica. Il motivo vero, come sottolinea il Times, riguarda il richiamo e l'energia del calcio europeo. La scelta è strategica: giocare in Europa porta a benefici significativi, non solo in termini di prestigio, ma soprattutto di entrate economiche. Partecipare ai gironi di Champions League può portare nelle casse del Kairat un gruzzolo che si aggira attorno ai 25 milioni di euro.
Una questione di denaro
Oltre ai vantaggi monetari, ci sono altre attrazioni. Giornate indimenticabili, stadi colmi di tifosi, un'atmosfera che trasforma ogni partita in un evento spettacolare. Portare i giganti del calcio mondiale in città è di per sé un traguardo che avrebbe potuto solo essere sognato, prima. È anche la possibilità di creare un legame diretto con uno dei marchi occidentali più desiderati di tutti.