A dieci mesi dal ritiro, Simon Kjaer appare come sempre: una presenza calma, misurata, capace di osservare il calcio con lucidità e un certo distacco emotivo. Dalla sua casa affacciata sul Lago di Como, l’ex difensore rossonero ripercorre alcune delle tappe più significative della sua carriera in un'intervista a La Gazzetta dello Sport, dal tricolore conquistato con il Milan al rapporto speciale con Christian Eriksen.
Lo Scudetto con il Milan e il rapporto con Ibra
Kjaer non ha dubbi su quale sia stato il momento più bello della sua avventura italiana: lo scudetto del 2022 con il Milan. ll risultato di un’alchimia unica, fatta di leadership differenti, talenti in crescita e un gruppo che aveva saputo reggere pressioni e tensioni. L’ex centrale rossonero riconosce quanto fosse impegnativo mantenere gli equilibri interni, ma anche quanto quello spogliatoio fosse consapevole dell’obiettivo: "In certi momenti serviva calma, in altri serviva fuoco. Eravamo bravi a riconoscere la differenza e a gestire la confusione che creava Ibra. Zlatan, però, ci ha aiutato tantissimo", racconta oggi con un mezzo sorriso, lasciando intravedere il peso emotivo di quella stagione irripetibile.
Il nuovo Milan di Allegri
Con l’arrivo di Massimiliano Allegri, secondo il danese, il Milan ha finalmente recuperato una struttura solida e potrebbe ripetere quanto fatto in quell'annata. "Chi ha vinto e sa gestire la pressione può cambiare il volto di una squadra", sottolinea, evidenziando come l’equilibrio mentale sia oggi uno dei fattori chiave del nuovo corso rossonero. Per questo non esita a indicare il Milan come candidato credibile alla lotta scudetto: "Adesso si vede chiaramente chi guida il progetto".
Il suo erede in rossonero e il talento di Leao
Non manca un pensiero per i singoli. Su Matteo Gabbia, suo erede naturale, Kjaer spende parole di sincero affetto: "È uno dei professionisti più seri che abbia incontrato". Mentre su Rafael Leão, talento che continua a dividere per continuità e potenziale, offre una riflessione profonda: "Alcuni giocatori hanno bisogno di essere accompagnati nel percorso. Lui è uno di quelli che può arrivare ovunque, ma solo se capisce che il tempo non lo aspetta".
L'episodio di Eriksen
Infine, impossibile non toccare il tema più delicato della sua carriera: il giorno in cui contribuì a salvare la vita dell’amico Eriksen. "Se Christian non si fosse salvato, avrei smesso subito". Pur senza riviverne i dettagli, Kjaer ammette quanto quell’episodio abbia ridisegnato le sue priorità: "Il calcio è un mestiere. La vita è un’altra cosa". Parole semplici, che però racchiudono una maturità conquistata attraverso esperienze tanto straordinarie quanto difficili da raccontare.
Oggi Kjaer si gode una nuova quotidianità, divisa tra famiglia e nuovi progetti dirigenziali. Sempre con quella calma profonda che lo ha reso uno dei leader più rispettati del calcio europeo.


