"Lucrano sulla mia immagine senza il permesso. Lo ritengo uno sfruttamento indebito, mi rivolgerò alla Corte di Giustizia europea". Così Gianni Rivera, sulle colonne de la Repubblica, dopo la sentenza della Cassazione a suo sfavore nella vicenda che lo vede opposto al Museo di San Siro, colpevole secondo lui di essersi appropriato di suoi cimeli e di spacciarne altri, falsi, per veri.
Rivera: "Una maglia non è autentica e delle scarpe vengono spacciate per mie, ma non lo sono!"
Queste le dichiarazioni sull'argomento rilasciate dalla leggenda rossonera: "L’ho scoperto per caso, e ho scoperto che la gente paga pure il biglietto. Lo ritengo uno sfruttamento d’immagine indebito, e ora mi rivolgerò alla Corte di Giustizia europea. La verità è che fanno un sacco di soldi grazie a noi che non c’entriamo niente. Allo stadio c’è una mia bacheca con una maglia rossonera, che secondo me non è neanche autentica, e ci sono delle scarpe spacciate per mie: impossibile, perché alla fine di ogni annata le buttavo via".
"Lucrano sulla mia immagine senza permesso. E ora avviso anche Mazzola"
E non è finita qui. Rivera ha poi proseguito: "C’è persino un busto che mi donò lo scultore Todeschini: io l’avevo lasciato a Milanello, ma tutti sapevano che era mio. Scoprii che l’avevano esposto a San Siro, perché un amico mi ha mandato delle foto. Ho anche ingaggiato un investigatore privato per vederci più chiaro. Io non ce l’ho con il Milan, ma con chi lucra sulla mia immagine da anni, senza neppure chiedere il permesso. In quella specie di museo/non museo c’è anche la bacheca di Sandro Mazzola: ora lo chiamo”.
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