Dalla Promozione col Toritto fino ad arrivare in Nazionale, diventando anche il giocatore più prolifico della storia della Virtus Entella e sfiorando il primo posto nella classifica marcatori di Serie A nel 2019. Ciccio Caputo è stato uno degli ultimi bomber di provincia e intervistato dalla nostra redazione ha ripercorso tutta la sua carriera, fino ad arrivare alla sua ultima esperienza in Kings League.
Ciao Ciccio, la tua prima esperienza tra i grandi è nel calcio dilettantistico tra Toritto e Altamura. Com’era la seconda categoria pugliese vent’anni fa?
Ero molto giovane e andavo al campo prima perché avevo voglia di allenarmi mentre quelli più grandi arrivavano stanchi dopo una giornata di lavoro. A volte manco ricevevano il rimborso spese e giocavano solo per passione. Quell'esperienza mi ha dato tanto...
Nell’estate del 2008 approdi al Bari. Com’è stato vestire la maglia della tua squadra del cuore?
È stata una chiamata speciale e inaspettata perché venivo da due anni in Eccellenza ad Altamura e da un anno in C2 a Noicattaro che è stata un'esperienza indimenticabile perché è stata la squadra che mi ha dato la possibilità di giocare nei professionisti. Ringrazierò sempre il direttore Faggiano che mi ha scovato nei campi di Eccellenza. Quell'anno feci 15 gol e ci salvammo, poi il direttore andò al Bari e mi portò con sé con Perinetti e con Conte.
A proposito di Conte, è vero che i suoi allenamenti erano da marines?
Sì, all'epoca penso fossero più tosti di ora perché lui aveva come preparatore Gian Piero Ventrone, ex Juve, che ti spaccava proprio, utilizzando metodi da marines. Quell'estate ho visto in ritiro gente stremata per terra a vomitare, però se superi la prima fase e ti adatti poi vai a 3000. Quell'anno lì mi ha aiutato tantissimo sotto l'aspetto fisico perché mi ha fatto capire cosa significa lavorare e mi sono portato dietro questo insegnamento per tutta la carriera. Ricordo che appena arrivai a Bari, pensavo di andar via subito in prestito, perché provenivo dalla C2, invece dopo la prima fase di ritiro Conte mi fece i complimenti e mi disse 'continua così perché, se lo meriti, con me giochi'. Nella prima fase di campionato andavo spesso in tribuna perché avevo davanti gente come Cavallli, Volpato e Barreto, però alla prima da titolare feci tripletta e per me fu un giorno indimenticabile.
Nel 2015 lasci Bari, come mai?
Successero tante cose strane a livello societario perché i Matarrese erano in difficoltà economiche e la società passò a Paparesta. Il primo anno iniziammo con mister Mangia ma finimmo con Nicola con cui però non scattò mai la chimica. Avevo appena rinnovato, ero il capitano del Bari ma a fine anno dissi a mister e società che volevo andar via, che volevo provare nuove esperienze. Feci tutto il ritiro allenandomi da solo, ma ad agosto, dovevamo giocare il derby contro il Foggia in Coppa Italia. Dato che gli altri attaccanti erano infortunati mi chiesero di giocare ma mi rifiutai perché avevo già fatto un'altra scelta e poi non mi ero proprio allenato con la squadra. Ciò nonostante, il presidente mi mise la piazza contro dicendo che non volevo giocare il derby. Gli ultras mi fecero uno striscione contro e da allora si è rotto il rapporto con loro. Sono rammaricato di non essere riuscito più a ricucirlo però mi sono tolto una piccola soddisfazione quando tornai al San Nicola con l'Empoli, vincemmo 4 a 0 e segnai, lo stadio intero si alzò in piedi ad applaudirmi. Io sono sempre stato tifoso del Bari, da ragazzo andavo spesso in curva e dicevo al mio allenatore dell'epoca che un giorno avrei giocato in quello stadio. Mi sarebbe piaciuto tornare ma non si è mai creata l'occasione.
Dopo una parentesi a Chiavari, ti consacri a Empoli. Che esperienza è stata e come mai il club toscano è da sempre fucina di giovani talenti?
Innanzitutto ringrazio l'Entella e il presidente Gozzi che ha sempre creduto in me. Quell'estate il calciomercato si era chiuso e io ero rimasto a Bari, rischiavo di fare una stagione da fuori rosa. Fortunatamente l'Entella venne ripescata dopo lo scandalo calcioscommesse che colpì il Catania, quindi ebbe una proroga di 15 giorni per fare mercato. Il presidente colse l'occasione per portarmi a Chiavari. Sono stati 2 anni bellissimi, in cui mi sono divertito tantissimo diventando anche il miglior marcatore della storia del club. Prima di andare a Empoli, mi chiamò il direttore Faggiano per andare a Parma. Avevo praticamente firmato tutto, ma poco prima delle foto di rito, mi chiamò l'Entella dicendomi che non aveva concesso la liberatoria al Parma perché aveva l'accordo con l'Empoli. Da lì è nato la storia d'amore coi toscani con cui ho vinto la classifica marcatori e il campionato di Serie B. È un club che lavoro molto bene, che investe tanto nel settore giovanile, in questo momento gioca mio figlio e sto vedendo da vicino come gestiscono tutto. Non a caso hanno lanciato giocatori come Baldanzi, Marianucci, Fazzini che ora giocano in grandi club.
Nel 2019 esplodi al Sassuolo rischiando di vincere la classifica marcatori con 21 reti, terzo posto dietro a Lukaku e CR7. Cosa ti è scattato in quella stagione?
Fu fondamentale De Zerbi perché mi chiamò dicendomi 'tu sei l'attaccante ideale per il mio gioco, so che sei in trattativa col Genoa ma farò di tutto per portarti a Sassuolo. Se vieni qui ti garantisco che farai 20 gol'. Chiamai il mio procuratore dicendogli di chiudere subito col Sassuolo. Sono situazioni che nascono dal nulla ma che ti fanno scattare la voglia di dimostrare qualcosa, di metterti in gioco ed è stato un anno fantastico. Arrivare dietro Romelu Lukaku e Cristiano Ronaldo non è da tutti.
Cosa ha di speciale De Zerbi?
Se tu giocatore capisci le sue richieste, si crea un feeling che ti porta a remare in un'unica direzione. È il migliore e oltre a essere un fenomeno tatticamente, ti entra in testa facendoti tirare fuori il massimo. E poi ti fa divertire e quando ti diverti in allenamento e in campo, poi è facile fare bene. Lui mi chiamava 'il professore' e mi chiedeva sempre 'chi ti ha insegnato a fare questi movimenti?' e io gli rispondevo che erano mie caratteristiche innate. Recentemente l'ho sentito e mi ha invitato a Marsiglia per insegnare qualche movimento ai suoi attaccanti.
È vero che vorrebbe tornare in Serie A?
Conoscendolo sì ma il problema è che di lui si parla di più all'estero che in Italia. Tornerebbe volentieri in Serie A però non è facile perché ha un'idea di calcio internazionale stile Guardiola e Luis Enrique e ha bisogno di una società che gli dia carta bianca e gli prenda i giocatori adatti al suo gioco. Inoltre ha bisogno di tempo e pazienza per aprire un ciclo.
Al Sassuolo hai giocato con Mimmo Berardi. In un’altra intervista hai spiegato che ha un “carattere particolare”. Cosa intendevi? Pensi che rimarrà al Sassuolo anche in questa stagione?
Premesso che Berardi è un giocatore fortissimo, con quella frase intendevo dire che a primo impatto appare un ragazzo chiuso che non ti dà confidenza. Molti amici mi hanno detto che da fuori sembra serio, questo intendevo con 'carattere particolare' ma io ho sempre risposto che non è così. Con lui ho un bellissimo rapporto e lo sento spesso. Per quanto riguarda il suo addio al Sassuolo, penso che difficilmente andrà via perché ormai ha un rapporto viscerale con la piazza. Per me meriterebbe l'occasione di giocare in Champions League perché è un giocatore molto forte. Mi auguro che possa andare altrove per confrontarsi con altre realtà.
Nel 2021 passi alla Sampdoria. Che esperienza è stata e perché sei andato via a gennaio 2023?
Mi chiamò il direttore Faggiano e accettai subito perché lo ritengo un club con una storia importante e con una piazza passionale che vive di calcio. Era ciò che cercavo in quel momento e quando mi è stata offerta questa possibilità non ci ho pensato due volte. Mi spiace solo di essermi ritrovato in una gestione particolare che non mi aspettavo. Il prima anno ci siamo salvati e ho fatto 10 gol, ma il secondo anno è stato un disastro. Mi accusarono di essermene andato perché non volevo restare invece fu la società a mandarmi via perché avevo tra gli ingaggi più alti della rosa. Sono stato costretto a lasciare Genova. Resta il rammarico di essermi trovato alla Samp nel momento peggiore della sua storia.
La Samp ha rischiato di finire in Serie C. Cosa pensi della situazione e cosa deve fare la Samp per tornare presto in A?
La Samp sta subendo tantissimo perché ha rischiato di fallire e di retrocedere in Serie C. Dico sempre ai miei amici doriani che è come se sulla Samp ci fosse una nuvola nera che la perseguita. Da quello che leggo la società investe tanto, però non sempre serve spendere molto, piuttosto serve spendere bene.
A gennaio 2023 torni all’Empoli. Come mai questa scelta? Cosa non ha funzionato del tuo ritorno in Toscana?
Quando la Sampdoria mi ha messo alla porta avevo 37 anni e ho pensato che Empoli fosse la scelta migliore perché conoscevo già l'ambiente. I primi 6 mesi sono andati bene, ho fatto 6 gol e ci siamo salvati. Il secondo anno sono partito bene ma poi un problema alla caviglia mi ha tormentato per tutta la stagione. Coincidenza ha voluto che quando ho risolto il problema era arrivato in panchina Nicola che praticamente non mi ha mai fatto giocare. Non mi aspettavo di essere considerato titolare inamovibile, però ero convinto di poter dare ancora tanto alla squadra. Comunque sono stato contento che la squadra si è salvata raggiungendo l'obiettivo stagionale. La scorsa estate ho fatto un bel ritiro, mi sentivo bene, ma la società mi ha comunicato all'improvviso che dovevo andar via perché voleva ringiovanire la rosa e alleggerire il monte ingaggi. Abbiamo trovato un accordo per la rescissione consensuale del contratto prima della fine del mercato. Mi sono arrivate solo due proposte: una dal direttore Angelozzi al Frosinone che per motivi familiari ho rifiutato e l'altra dal Sassuolo che però non si è mai concretizzata. A novembre mi allenavo da solo e ho preso la decisione di lasciare il calcio.
Il 22 maggio 2023 l’Empoli batte la Juve 4 a 1 con una tua doppietta. Che serata è stata?
È stata una serata bella in un periodo negativo. Subito dopo quella partita chiesi all'Empoli un permesso per curare mia figlia che aveva un problema di salute. Da fine maggio a fine luglio mi sono dedicato solo a lei e fortunatamente è andato tutto per il verso giusto. Ora è solo un brutto ricordo. Quindi fu bello segnare alla Juve ma quella sera mi ricorda una brutta parentesi della mia vita.
Due presenze in Nazionale con Mancini bagnate da un gol. Che esperienza è stata?
Fantastica, ho provato emozioni indescrivibili e ringrazierò per sempre Mancini che oltre ad avermi convocato mi ha dato anche la possibilità di giocare. In totale sono stato un anno in Azzurro, ero anche nella lista dei 50 convocati per l'Europeo ma non ci sono andato per una frattura da stress alla schiena. Alla fine ci è andato Raspadori che era il mio vice al Sassuolo. Resta il rammarico di non esserci stato ma sono contento di aver fatto parte di quel gruppo.
Cosa ne pensi di chi rifiuta la convocazione? Potrebbe essere quello uno dei problemi della nostra Nazionale?
Personalmente ho sempre accettato la convocazione, se non fosse stato per i medici della Nazionale sarei andato all'Europeo nonostante il dolore. Per me l'Italia è il top, cantare l'inno è un'emozione indescrivibile, mi vengono ancora i brividi. In Italia mancano i grandi giocatori come c'erano anni fa. Prima avevamo tanta scelta, basti pensare che rimanevano fuori giocatori come Di Natale e Quagliarella. Oggi nei grandi club giocano pochi italiani e questo fa la differenza rispetto alle altre nazionali. Basti vedere la Spagna che dovremmo prendere come esempio, soprattutto nel modo che ha di far crescere i giovani.
Appesi gli scarpini al chiodo hai giocato in Kings League vincendo lo scudetto con i TRM. Ci spieghi com’è nato il tutto e che esperienza è stata?
Bellissima, non me l'aspettavo così. A Novembre ho smesso col calcio e a Dicembre mi ha chiamato Leo Bonucci chiedendomi di partecipare al Mondiale della Kings League con lui e Viviano. Ho accettato precisandogli che non conoscevo neanche le regole, non sapevo nulla di quel mondo. Difatti nelle prime partite sono andato in difficoltà e non abbiamo fatto un buon Mondiale. Poi mi hanno chiamato i TRM e mi sono divertito come un bambino. Ho scoperto emozioni, sensazioni e ambienti diversi. È stato bello condividere lo spogliatoio con ragazzi per cui ero stato un idolo. Mi sono divertito e siamo stati la prima squadra a vincere la prima edizione della Kings Legue Italia.
Ti rivedremo in Kings League anche nella prossima stagione?
Non lo so, è stato bello ma voglio valutare attentamente perché vorrei rimanere nel mondo del calcio, trovando un ruolo adatto a me, senza fretta. Tornare in campo? No perché non mi manca giocare e se percepisci questo è giusto smettere.
Ultima domanda: sei mai stato vicino a una big?
Sì a Lazio e Roma. Alla Lazio mi chiamò Immobile dicendomi che la società cercava un suo vice, però alla fine non si concretizzò perché il club biancoceleste non volle accettare la richiesta della Sampdoria che aveva bisogno di soldi. La Roma mi cercò dopo il primo anno al Sassuolo (quello dei 21 gol, ndr) ma il club emiliano sparò alto e non se ne fece nulla.