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Di Biagio presenta la Padel Mania Cup 2025: "Totti nel padel come nel calcio, ma il più forte è un altro". Poi racconta un episodio su Bastoni

Al via la quinta edizione della Padel Mania Cup 2025, un torneo in cui le Legends del calcio si sfidano a colpi di racchetta, creata da Luigi Di Biagio e da Daniele Sebastiani. Per l'occasione abbiamo intervistato l'ex centrocampista della Nazionale.
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Il 15 Maggio le vecchie glorie del calcio si sfideranno a padel e tutto il ricavato verrà devoluto in beneficenza all’Ospedale di Pescara, in particolare al reparto di cardiologia tramite l’acquisto di due ecografi “mini-eco fast”. Per parlare dell'evento e più in generale del suo trascorso da calciatore, abbiamo intervistato in esclusiva Gigi Di Biagio.

Ciao Gigi, come nasce questa iniziativa e qual è l'obiettivo di questo progetto?

"Siamo stati tra i primi a organizzare tornei di padel tra ex calciatori. Il 15 maggio partirà la quinta edizione presso il circolo di Pescara Padel Mania, che gestisco insieme a Daniele Sebastiani (presidente del Pescara, ndr). Purtroppo per la prima volta non ci sarà Vincenzo Marinelli, un altro nostro socio e un'istituzione in città, che è venuto a mancare poco tempo fa: un pensiero, naturalmente, sarà rivolto anche a lui. Quest'anno parteciperanno sedici coppie composte da ex calciatori, che si sfideranno per divertirsi e per cercare di vincere. Il ricavato della vendita dei biglietti, al costo di 10 euro, verrà interamente devoluto in beneficenza come nelle precedenti edizioni. Negli ultimi anni siamo riusciti ad acquistare sedici defibrillatori poi donati alla città di Pescara, collaborando, inoltre, con diverse onlus con l'obiettivo di aiutare famiglie in difficoltà. Il torneo partirà alle 14.00 e durerà circa cinque ore, con la finale prevista intorno alle 19.00".

Chi parteciperà quest'anno alla Padel Mania Cup e chi sono i favoriti?

"Ci saranno tanti partecipanti delle scorse edizioni: quest'anno una delle coppie sarà composta da Totti e Candela, che a mio avviso, insieme a quella composta da Toni e Ceccarelli, è una delle più accreditate per la vittoria finale. Io giocherò con Panucci, non so dove potremo arrivare ma sono sicuro che ci divertiremo. Le altre coppie partecipanti saranno: Perotti-Maini, Fiore-Giannichedda, Di Canio-Cerci, Dida-Torrisi, Amoruso-Budel, Borja Valero-Denis, Maccarone-Brocchi, Marcolin-Albertini, Annoni-Corradi, Perrulli-Esposito, Baronio-Maspero, Locatelli-Pesce e i fratelli Conti". 

Totti è più forte a calcio o a padel? Com'è nel privato l'ex capitano giallorosso?

"Il 90% dei giocatori di padel, tra gli ex calciatori, sono quello che erano in campo sul rettangolo verde. Totti è molto forte ed è un fantasista come lo era nel calcio, ha dei colpi ad effetto incredibili e potrebbe salire di più a rete. Anche quando giocava, magari dava la sensazione 'che non avesse voglia di correre' ma naturalmente non era così, era semplicemente il suo modo di giocare. Aveva dei colpi talmente geniali che poteva permettersi tutto. Questo è il suo modo di giocare a padel, in alcuni momenti pensi che non possa mai fare punto e invece riesce a sorprenderti con delle giocate incredibili. Francesco è la stessa persona che si vede da fuori, solare, con i pregi e difetti che tutti possono avere. Nella vita di tutti i giorni è così come lo si vede sui social, per strada, con i tifosi, una persona estremamente disponibile".

E invece com'è Bobo Vieri a padel e nel privato?

"Bobo è cresciuto tantissimo nel padel ma probabilmente incontra più problemi nei tornei. Nella gara secca o in una serie di 2-3 partite lui è uno dei più forti, quando ci sono da giocare più partite magari fa un po' più di fatica. Un po' per la condizione fisica, un po' per l'età che avanza, diventa difficile tenere il passo di alcuni giocatori che sono fisicamente al top: tra questi Toni, Ceccarelli, Perotti, Maini. Nel privato, come per Totti, lo stesso discorso vale per Vieri: una persona solare, che non nasconde nulla, e di una disponibilità unica con la gente, proprio come si vede dall'esterno".

Come è nata la tua passione per il padel?

"La mia passione per il padel è nata dieci anni fa quando mi sono reso conto che, dopo aver smesso, non ero più in grado di giocare a calcio a 8, perché il rischio di farsi male era sempre più alto e i muscoli non tenevano. Questo sport ha dato, a me e a tanti ex calciatori, la possibilità di confrontarci e di mantenere quella competitività che a noi è sempre piaciuta. Questa passione mi ha portato a organizzare diversi eventi e ad aprire circoli sportivi: ne avevo uno a Roma fino a poco tempo fa e da sei anni ne ho uno a Pescara. Credo sia un bel modo per mantenersi in forma e tenersi in contatto".

Chi è il tuo compagno più forte?

"Io sono un destro che, come da calciatore, cerca di aiutare il compagno, per cui ho bisogno di un supporto importante a sinistra. Secondo me il più forte è Vincent Candela: magari alla lunga la condizione fisica potrebbe non sorreggerlo ma nel podio c'è sicuramente lui. Tra gli altri penso a Thomas Locatelli, Stefano Fiore, Luca Ceccarelli, Giampiero Maini. Un altro compagno ideale per me è Dario Marcolin, insieme ci divertiamo molto".

Passando al calcio: hai vestito, tra le altre, le maglie di Roma e Inter. Che ricordo hai di queste due esperienze che hanno scandito 8 anni della tua carriera? 

"Ho trascorso quattro stagioni alla Roma e quattro all'Inter. Sono stati gli anni più importanti della mia vita calcistica, considerato che sono arrivato in giallorosso a 24 anni e ho chiuso il ciclo con l'Inter a 32. Sono state due esperienze che mi hanno dato tantissimo: giocare per la Roma, nella mia città, è una cosa che non capita tutti i giorni. Per quanto riguarda l'Inter, è un club a cui sono molto legato, ancora oggi percepisco l'affetto dei tifosi nei mei confronti. Sono due squadre a cui sono molto affezionato".

Sei cresciuto nella Lazio, con cui hai esordito in A nel 1989. Quindi, nel '95, l'approdo alla Roma. Come è stato l'impatto e l'accoglienza dell'ambiente? 

"All'inizio non è stato semplice, ho giocato nel settore giovanile della Lazio e 30 anni fa non era come oggi: era più complicato passare da una parte all'altra della stessa città sebbene, tra le due esperienze, ci fossero state in mezzo sei stagioni tra Monza e Foggia. Nonostante le difficoltà iniziali, piano piano sono riuscito a conquistare l'affetto del popolo giallorosso. I primi fischi sono poi diventati applausi, i tifosi hanno sempre apprezzato il mio modo di giocare e ancora oggi ho un ottimo rapporto con loro".

Tra il '92 e il '95 tre stagioni con il Foggia, due delle quali con Zeman in panchina. Nel '94 il 9° posto con la Coppa Uefa sfiorata. Com'è stata quell'esperienza?

"Quando hai 21 anni, giochi in Serie A e tutta l'Italia parla del Foggia, sembra quasi di giocare nel Real Madrid. C'era un grandissimo entusiasmo e ogni domenica non vedevamo l'ora di scendere in campo. É stato un periodo bellissimo, sono arrivato in Nazionale a 22 anni con Arrigo Sacchi grazie al Foggia di Zeman, che probabilmente è stato l'allenatore più importante della mia carriera. Abbiamo raggiunto il nono posto in classifica e la semifinale di Coppa Italia, traguardi pressoché impossibili da raggiungere da quelle parti". 

Com'era il tuo rapporto con Zeman, poi ritrovato alla Roma e al Brescia? Ci racconti qualche aneddoto sul tecnico boemo?

"Ho avuto Zeman come allenatore in tre step della mia carriera, a 21 anni, a 26 e a 32. Tre contesti completamente diversi in cui lui, però, non è mai cambiato, era sempre come lo ricordavo. Tra di noi ci sono stati anche degli scontri, perché magari avevo una visione diversa rispetto a lui sotto certi aspetti. Quello con il mister è stato un rapporto di amore totale, lo sento e lo vedo ancora oggi e gli voglio un gran bene, ma, in alcune occasioni, ci sono stati degli screzi. Con tutti i pro e i contro del caso, nel corso di quegli anni non è mai cambiato: questo da una parte poteva essere positivo, ma dall'altra certe volte diventava uno svantaggio. Chiaramente non tutte le squadre e non tutti i giocatori sono uguali, e, in determinate situazioni, bisogna sapersi adattare. In ogni caso, per me è stato come un secondo padre e lo è tutt'ora.

 

Una cosa che mi incuriosì molto di Zeman è relativa al mio primo giorno al Foggia, a luglio: ricordo che non mi guardava in faccia ma era concentrato sulle mie gambe. All'inizio non riuscivo a comprendere, poi ho capito che voleva vedere il livello muscolare e la forza nelle gambe. Su di lui ricordo un aneddoto particolare: ogni volta che andavamo a pranzo o a cena fuori il mister non pagava mai. Quando glielo facevo notare, scherzosamente, mi rispondeva 'sei tu che mi devi pagare per tutta la vita perché ti ho fatto diventare un calciatore'. Una volta eravamo al ristorante, un gruppo di 7-8 persone, ho preso la carta di credito dal suo portafogli e ho pagato il conto con la sua carta. Lui stava impazzendo perché non riusciva a credere che avessi fatto una cosa del genere".

Hai giocato con campioni del calibro di Totti, Del Piero, Baggio. Chi ti ha impressionato di più sia tecnicamente che in termini di leadership? Aneddoti che li riguardano?

"Sono stato fortunato a giocare con questi grandissimi campioni. Totti, Baggio e Del Piero sono stati calciatori di una qualità e di una leadership impressionante, ma non posso non nominare gente come Buffon, Maldini, Nesta, Cannavaro. La leadership è qualcosa che non si vede, si percepisce quando entri nello spogliatoio. La prima volta che andai in Nazionale, a 22 anni, mi ritrovai a tavola con Mancini, Baggio, Maldini, Baresi.

 

Ricordo che Signori mi disse: 'puoi chiedere a Baresi di passarmi il sale?'. In quel momento mi trovai in difficoltà perché, per soggezione, non sapevo come rivolgermi a lui, non riuscivo a rendermi conto di dove mi trovassi. In campo, però, il calciatore che mi ha impressionato di più è stato Ronaldo il Fenomeno. Era il numero uno in assoluto e secondo me era un giocatore fuori categoria: bastava allenarsi con lui per rendersi conto delle sue qualità. Molte volte, in allenamento, tra di noi c'era la volontà di non entrare duramente su di lui per non rischiare di fargli male. La verità, però, era un'altra: non riuscivamo mai a togliergli la palla".

Sei l'allenatore della nazionale saudita Under 23: qual è il bilancio di questa esperienza finora?

"Sono arrivato qui ad agosto dopo la chiamata di Roberto Mancini, con il quale avevo lavorato insieme in nazionale italiana, quando lui allenava la Nazionale maggiore e io l'Under 21. Con lui c'è sempre stata grande sintonia, abbiamo le stesse idee e condividiamo la stessa visione del calcio. Ho accettato questa sfida perché mi piace molto lavorare all'estero e cimentarmi con una nuova cultura. Si tratta di un'opportunità importante sia dal punto di vista calcistico che sotto l'aspetto economico. Qui mi trovo molto bene, ci sono grandi aspettative e grandi strutture. Il mio compito è quello di far crescere questi ragazzi in ottica Nazionale maggiore. Da parte mia c'è tanto entusiasmo e la squadra sta crescendo. A breve saremo impegnati nel Torneo di Tolone, in Francia, dove ci misureremo con squadre più forti di noi. Contestualmente, prepareremo l'Asian Cup in programma qui in Arabia Saudita nel gennaio del 2026. Quindi, tra nove anni, qui si giocheranno i Mondiali 2034: per l'occasione vedremo delle cose mai viste finora".

Da tecnico dell'Under 21 azzurra hai allenato giocatori come Donnarumma, Berardi, Barella, Bernardeschi, Chiesa, Locatelli, Bastoni, poi campioni d'Europa nel 2021. Inoltre hai avuto modo di allenare altri grandi giocatori come Kean e Pellegrini. C'era già la percezione di questo talento?

"Per me è stato un motivo di grande orgoglio. C'era già la percezione di queste qualità, sono ragazzi che ho fatto giocare sotto età nell'Under 21. Ricordo un episodio che riguarda Alessandro Bastoni: era il biennio dei '96, lui è un classe '99, e posso garantire che tra 18 e 21 anni la differenza è esponenziale. Una volta lo misi in campo in un match contro l'Inghilterra e, nella circostanza, subimmo un gol in cui probabilmente avrebbe potuto fare meglio. A fine partita gli dissi che avrebbe giocato anche contro la Germania, pochi giorni dopo. Lui mi guardò con un po' di scetticismo ma io lo rassicurai, dicendogli che di lì a poco sarebbe arrivato in Nazionale maggiore e avrebbe giocato ad altissimi livelli. Credo che sia importante dare fiducia ai giovani, farli giocare e permettergli di sbagliare e di crescere".

Inter in finale di Champions League: un parere sul percorso dei nerazzurri in Europa

"Quello è che ha fatto l'Inter è sotto gli occhi di tutti. Sono molto felice per tanti motivi: è una squadra italiana e ho avuto modo di allenare e di veder crescere tanti giocatori nerazzurri, tra cui Dimarco, Barella e Bastoni. Faccio i miei complimenti a Simone Inzaghi, perché in questi anni ha fatto un ottimo lavoro e ancora una volta sta dimostrando il suo valore. Probabilmente, all'inizio in molti si aspettavano che potesse avere la meglio in campionato, anche se il discorso scudetto non è ancora chiuso definitivamente. In ogni caso l'Inter ha disputato una grandissima stagione e, se dovesse arrivare la vittoria della Champions, sarebbe un traguardo straordinario".

Un pronostico sulla lotta Champions?

"Per quanto riguarda la lotta Champions credo che sia tutto aperto. La prossima giornata, con Milan-Bologna, Lazio-Juve e Atalanta-Roma, potrebbe essere decisiva. Credo che la Juve possa raggiungere il quarto posto ma molto dipenderà dalla sfida dell'Olimpico, che potrebbe fare la differenza. Se i bianconeri dovessero vincere o pareggiare, avrebbero buone chances in virtù di un calendario più abbordabile nelle ultime due giornate. La Roma ha ottenuto 18 risultati utili consecutivi e, in cuor mio, mi auguro che possa farcela. Naturalmente non bisogna sottovalutare il Bologna, che è in piena corsa per un posto in Champions e giocherà la finale di Coppa Italia contro il Milan".

 

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