Stasera, lunedì 8 settembre, l'Italia scenderà in campo contro Israele. Ma oltre al calcio giocato, c'è tutta una rete intricata di vicende politiche e decisioni delle federazioni che rende unica la partecipazione di Israele alle competizioni europee. Come mai, ci si domanda, la nazionale biancoblù compete nelle qualificazioni UEFA quando geograficamente appartiene a ben altra parte del mondo?
L'ingresso di Israele nella UEFA
L'inserimento di Israele all'interno della UEFA risale al 1994, ma il cammino per arrivarvi non è stato semplice. Dopo essere stata espulsa dalla federazione asiatica nel 1974 a causa del conflitto arabo-israeliano, Israele si ritrovò in una sorta di limbo calcistico. Per anni, la nazionale ha giocato nella confederazione oceanica, partecipando solo alle qualificazioni per i Mondiali e qualche amichevole.
Nel '94 finalmente è arrivato il cambiamento: Israele è stato accolto dalla UEFA come membro effettivo. Le pressioni politiche e il desiderio di club più prestigiosi hanno giocato un ruolo cruciale in questa decisione. E mentre il tempo scorreva, diventava sempre più chiaro che nessun altro confine calcistico era disposto a ospitare la nazionale israeliana.
Le differenze con il caso della Russia
Ma in un contesto di continui conflitti, perché Israele continua a partecipare mentre la Russia è stata sospesa? Una domanda che rimbalza spesso nelle discussioni. Nel 2022, la Russia è stata squalificata dalle competizioni FIFA e UEFA a causa del suo intervento in Ucraina. In questo caso, l'invasione è stata condannata unanimemente, e il mondo calcistico ha rapidamente preso posizione.
Israele, invece, continua a giocare nel bel mezzo del conflitto israelo-palestinese senza subire lo stesso trattamento. Il presidente Ceferin si era espresso in merito: “Non sono un sostenitore della squalifica degli atleti. Cosa può fare un atleta al suo governo per fermare la guerra? È molto, molto difficile”. Resta comunque la sensazione che siano stati applicati due pesi e due misure.