Stamattina, senza un perché, ci siamo svegliati e abbiamo pensato a Mark Bresciano, un centrocampista australiano che è impossibile che voi non ricordiate. In Italia ha giocato con l’Empoli, il Parma e il Palermo e tutto sommato ha sempre fatto molto bene. Dai numerosi gol che faceva, Bresciano ha inventato quella che presuntuosamente vogliamo definire l’esultanza migliore di tutti i tempi e che si fa simbolo indiscusso del calciatore.
Questo signore qui si permetteva di fare gol del genere e, al posto di esultare come uno scalmanato sotto la curva, restava lì, piantato e immobile come una statua. Implodeva tutta la sua gioia – perché provava gioia, e lo si vede dal sorriso che nascondeva – e restava fermo fino ad essere sommerso dai suoi compagni.
Questo tipo di esultanza è andata di pari passo con la carriera di Bresciano, che sarà per sempre ricordato come quello che faceva la statua dopo i gol.
Avesse giocato ai tempi dei social, Bresciano sarebbe stato una gif, un meme e chi più ne ha più ne metta. In verità la sua non-esultanza era al tempo stesso un’esultanza più forte di mille urla, perché era simbolica, trasudava calma come a dire “non ho fatto tanta fatica a fare gol” e spesso capitava in situazioni anche piuttosto imbarazzanti. Vedi questo gol al Milan, dove Bresciano spara in porta e si ferma casualmente lì davanti a Oddo, che poi subito gira lo sguardo perché in quel momento è come se qualcuno gli avesse esultato in faccia. Senza dire, però, una parola.
Allora per tutta la giornata ci siamo messi a ricercare i motivi per cui Mark Bresciano aveva deciso di esultare così e lo abbiamo fatto come se avessimo dovuto scoprire davvero una cosa importante. Per cui abbiamo alzato il telefono per chiamare coloro i quali negli anni italiani lo avevano allenato o avevano giocato con lui. Ma nessuno ricorda nulla. Francesco Guidolin ci ha detto che non glielo ha mai chiesto, ma che lo ha imitato una volta per festeggiare un suo gol, mentre Mattia Cassani ci ha detto che “non glielo abbiamo mai chiesto, ma ci faceva morire dal ridere perché era una cosa piuttosto innaturale contenersi così in un momento di massima felicità”. Abbiamo parlato anche con Eugenio Corini e con Matteo Guardalben, ma nessuno si ricorda perché diavolo Bresciano si fosse inventato questa esultanza. Idem per Roberto Guana, un pilastro di quel centrocampo lì, che ricorda che “Mark era uno molto buono, ma altrettanto taciturno e in più parlava poco di italiano, quindi a nessuno è venuto in testa di chiedergli questa cosa anche per paura di infastidirlo”.
Fino a quando il maestro Mario Beretta non ci ha illuminato la strada. Non vi esaltate, neanche lui ci ha detto il perché, ma ci ha svelato una cosa ancora più incredibile: “Non ricordo perché esultasse così, in realtà non glielo ho neanche mai chiesto, ma so di per certo che ha iniziato a farla con me a Parma”. Capite? Questo significa che Bresciano in passato ha esultato davvero per alcuni suoi gol e che non ha deciso a dodici anni di non esultare a nessun gol per tutta la vita. Allora abbiamo orientato la nostra ricerca sul momento in cui Bresciano ha esultato (sul perché Guana ci ha promesso di aiutarci a capirlo con altri suoi ex compagni) davanti ad un gol. E lo abbiamo trovato.
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