Predatore, rapace e con il gol nel Dna. 316 gol in carriera, la maggior parte sul filo del fuorigioco. Per quasi 20 anni di carriera il suo terreno di caccia è stato l’area di rigore, gli ultimi 16 metri del campo. Spazio di cui Pippo Inzaghi era assolutamente padrone, conosceva tempi e spazi per far male agli avversari. “E’ nato in fuorigioco” dirà di lui Sir Alex Ferguson. Un sincronismo perfetto che con il tempo ha caratterizzato la carriera di Inzaghi, meglio noto come l’uomo dai gol sporchi. Ci ha costruito una carriera sui gol sporchi, pesanti e che sono rimasti nella storia. Perché nell’immaginario comune il bomber è sempre stato il giocatore che insacca il pallone in rete, magari sfruttando il lavoro dei compagni: il finalizzatore. Non importa in che modo, non importa come e con quale parte del corpo. Ha un solo compito: fare goal. E Pippo Inzaghi nella sua vita ha incarnato perfettamente queste caratteristiche. E’ stato la negazione di molte cose. La negazione della forma, l’incarnazione della purissima sostanza e dell’essere. La negazione del galateo calcistico e dei gesti tecnici che rimangono nella storia. L’incarnazione dell’essenziale, di ciò che basta per vincere. Magari tutto. Come ha fatto Super Pippo nella sua carriera.
Il significato della parola bomber, però, con il tempo ha accolto un’altra sfumatura. Sicuramente non prettamente calcistica. Il bomber, come lo intendono i ragazzi al giorno d’oggi, è colui che conduce una vita sfarzosa tra donne, mare e calcio. Uno dei massimi esponenti della vita da ‘bomber’ è Christian Vieri, conosciuto da tutti come Bobo Vieri. I social hanno reso Vieri un autentico fenomeno mediatico, seguito da migliaia di followers. L’ex attaccante dell’Inter, legato da un amicizia particolare con Pippo Inzaghi, è stato bomber in campo e lo è fuori dal campo.
Super Pippo Inzaghi, invece, è stato sempre un bomber silenzioso. In campo e nella vita. In campo era simile ad un fantasma, che si materializzava negli ultimi 16 metri per infilare il pallone in rete. Nella vita di tutti i giorni ha mantenuto la stessa linea: un low- profile che difficilmente lo ha portato, a differenza del suo amico Vieri, sotto i riflettori per la vita extra- campo. Alimentazione sempre perfetta: “Mangio pasta bianca macchiata di sugo e bresaola sia a pranzo che a cena”, ha confessato Inzaghi. Ed è uno dei punti chiave su cui sta sviluppando la carriera da allenatore. Anche i suoi ragazzi, prima del Milan ed ora del Venezia, applicano la cultura del mangiare sano. Fidanzato con Alessia Ventura, un amore che ha vissuto momenti difficili ma che ora sembra aver ritrovato linfa nella splendida Venezia. Una vita sempre regolare, esattamente come in campo. Una vita per cercare di essere sempre regolare, in linea con gli altri difensori ed ora al passo con gli altri allenatori.
Pippo Inzaghi è sempre stato maniacale. E le sue abitudini dimostrano questo. Maniacale in campo e fuori. Conosceva tutti gli avversari, il loro modo di giocare ed, ovviamente, i loro punti deboli. Costruendoci una carriera per arrivare sempre un secondo prima degli altri. La carriera da allenatore, cominciata con gli allievi del Milan, segue lo stesso leit- motiv della carriera da giocatore: maniacalità come parola d’ordine. “Conosce tutti i giocatori, di qualsiasi categoria” disse Adriano Galliani, ex amministratore delegato del Milan, parlando dell’Inzaghi- allenatore. Una parentesi non fortunata al Milan, un salto tra i grandi che con il tempo si è rivelato un azzardo. Non tanto per le capacità tecnico- tattiche di Inzaghi ma per la situazione in cui versava il Milan. La grandezza di un campione, però, la si nota dall’umiltà nel riconoscere i propri errori: Inzaghi ha fatto un passo indietro, anzi ben due. Ha accettato la Serie C ed un progetto ambizioso come Venezia per rilanciarsi. Missione compiuta: promozione in Serie B ed un’immagine ricostruita.
L’Inzaghi allenatore ha alcune caratteristiche dell’attaccante silenzioso visto nella sua prima parte di vita, ma ne ha rubate alcune ai suoi colleghi più famosi. Un aspetto interessante dell’Inzaghi in giacca e cravatta è l’aspetto social, simile al modus operandi di Allegri: un profilo Instagram costantemente aggiornato e che, dopo le partite del suo Venezia, diventa teatro di considerazioni e riflessioni a voce alta. Uno stile diverso da quello dell’Inzaghi calciatore, meno comunicativo e più silenzioso, rispetto al Super Pippo allenatore che, dopo la promozione con il Venezia, sogna il ritorno in Serie A. Con un bagaglio di esperienza che si è riempito grazie ad un campionato di Lega Pro stravinto e continuerà a riempirsi con il campionato di Serie B che il suo Venezia sta per disputare. Il predatore d’area di rigore si è trasformato in un moderno allenatore, per provare a vincere anche indossando altre vesti. Dopo aver dominato la giungla dell’area di rigore, Pippo è chiamato a dirigere con saggezza i suoi ragazzi dall’area tecnica che delimita la panchina. Urlando, disperandosi e sbraitando. Proprio come faceva quel numero nove che ora vuole continuare a scrivere la storia.