Tra presente e futuro, dentro e fuori dal campo, l'attaccante influencer Michele Trombetta si è raccontato alla redazione di Chiamarsibomber.com con un focus sulla Kings League World Cup Nations disputata in Messico, la scorsa estate, con la maglia degli Stallions.
Ciao Michele, partiamo dalla Kings League: come è nata questa avventura?
"La Kings League è stata un'esperienza molto divertente. È partito tutto dal team manager Denny, detto 'Il Pippega', che mi ha chiamato per rimpiazzare una Wild Card che non poteva prendere parte alla spedizione. All'inizio non sapevo di cosa si trattasse, così ho aspettato qualche giorno e ho raccolto diverse informazioni. Poi, dopo essermi chiarito le idee, ho capito che ne sarebbe valsa la pena e ho accettato. Abbiamo vissuto una bellissima esperienza, un percorso importante anche dal punto di vista dei risultati. Un po' per fortuna, un po' per meriti nostri, le cose sono andate bene e ci siamo portati a casa l'affetto delle tante persone che hanno seguito l'evento".
Com'è stato giocare con Totti, Nainggolan e Viviano? Ci racconti qualche aneddoto?
"Uno dei motivi che mi ha spinto ad accettare questa sfida è stata la possibilità di giocare con Totti. L'ho sempre considerato uno degli sportivi italiani più forti e influenti. Giocandoci insieme ho avuto modo di vedere un talento diverso dagli altri, un tocco di palla di un certo tipo, una visione di gioco importante. Sono fattori che fanno la differenza. Anche Nainggolan e Viviano sono stati determinanti nel portare la loro esperienza al servizio della squadra. La loro presenza è stata importante sia in campo che all'interno dello spogliatoio, con i loro consigli e le parole giuste sono riusciti a trainarci. Anche solo sentirsi chiamare bomber da questi campioni è un motivo di grande orgoglio".
Qual è il ricordo più bello e quale il più brutto del Mondiale di Kings League?
"Il ricordo più bello è sicuramente la prima vittoria, perché ci ha consentito di giocare una partita in più e perché da lì è cresciuto l'interesse e il calore nei nostri confronti, come si leggeva nei commenti sui social. In questo senso ci sono girati a favore alcuni episodi, come il mio gol che è valso doppio. Di ricordi brutti ce ne sono pochi, anche se, in vista della sfida decisiva contro i Porcinos, l'organizzazione non ci ha dato una grande mano. A causa del malfunzionamento dell'impianto di illuminazione ci siamo allenati in condizioni complesse, con scarsa visibilità. Non è un alibi perché credo che avremmo perso comunque, ma sicuramente è stato un episodio spiacevole che ci ha un po' destabilizzati".
Le regole della Kings League sono diverse rispetto a quelle del calcio 'normale'. Quali sono i pro e i contro?
"Le regole sono molto diverse, c'è un fattore di imprevedibilità esagerato. I principi fondamentali, che poi sono quelli che divertono le persone, sono legati proprio alla particolarità di queste regole. I primi 5 minuti vengono giocati in parità numerica, ma non con tutti gli effettivi, e lì devi essere bravo nel mettere l'uomo al posto giusto e deve essere bravo il portiere nel gestire alcune situazioni da giocatore di movimento. Poi, in qualsiasi momento, si può pescare una carta da giocare e i giocatori non sanno di cosa si tratta: magari stai vincendo 1-0 ma l'allenatore pesca la carta del rigore e ti ritrovi subito in parità. Inoltre, negli ultimi due minuti della partita il gol vale doppio e negli ultimi due minuti del primo tempo viene lanciato un dado in base al quale è previsto che si giochi 2 vs 2 o 3 vs 3 e così via. Per la sua imprevedibilità, che devi cercare di gestire al meglio, la Kings League somiglia quasi a un videogioco".
Grazie alla Kings League è arrivata la notorietà, hai avuto un grande seguito soprattutto sui social. Come hai vissuto questo momento?
"La mia vita non è cambiata, ho avuto la fortuna di essere tra i protagonisti di questa avventura come lo sono stati i miei compagni. Magari, essendo finito più spesso sul tabellino dei marcatori, si è parlato un po' più di me. L'impatto social l'ho vissuto serenamente, ricevo tanti messaggi di complimenti, in molti mi chiedono la maglia e mi domandano se sarò presente nella nuova lega, se giocherò al Mondiale. Io porto avanti tutti gli impegni della mia vita e non voglio cambiarla, ma mi piacerebbe restare in contatto con questo gioco perché la gente ha bisogno che, nei nuovi format basati sulla competizione, ci siano dei rappresentanti della prima spedizione".
Stai continuando a lavorare in banca? Ti rivedremo in Kings League?
"La mia vita è rimasta tale e quale a prima. Ho trovato il modo di organizzarmi per continuare a giocare e a lavorare, senza rinunciare alla mia quotidianità. Chiaramente la Kings League è un impegno che va pianificato e al momento non ho nessuna novità in questo senso. Se dovessi essere preso in considerazione, quando avrò tutte le informazioni in merito metterò tutto sul piatto e farò le mie valutazioni".
Dopo la Kings League è arrivata la chiamata della Giana Erminio, in Serie C. Come è stato tornare tra i professionisti dopo l'esperienza in Serie B al Modena?
"Per me è il coronamento di una seconda carriera. La mia avventura nel calcio è divisa in due parti: quella che si è conclusa con il professionismo a Modena, scandita da numerosi infortuni, e quella in cui ho ripreso giocare per passione e senza nessuna ossessione, dopo essermi costruito un piano B. Chiaramente, per un attaccante, i gol e i numeri condizionano la stagione successiva e, in tal senso, ho avuto la fortuna di giocare in squadre che mi hanno consentito di compiere uno step di crescita dopo l'altro. Ora sono qui alla Giana Erminio perché negli ultimi anni i risultati sportivi sono stati importanti".
Com'è Blur dietro le telecamere? Come l'hai visto nelle vesti di presidente degli Stallions?
"A Blur do il voto più alto. Ha creato la squadra portando avanti questa sfida con tante incognite e affidandosi alle persone giuste. Ho imparato a conoscerlo durante l'avventura in Messico, l'ho vissuto come presidente e come amico. Era sempre a fianco della squadra, sapeva che c'erano delle persone preposte a fare le scelte di campo e a dare indicazioni tecniche, figure che lui stesso aveva scelto. Al tempo stesso, però, non ci faceva mai mancare una parola di incoraggiamento o un consiglio motivazionale. Conosceva il suo ruolo ed è stato molto importante".
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