Duro, intransigente, vincente, affamato… ma non è proprietario di un Club. Questa potrebbe essere un’estrema sintesi dell’epopea contiana sulla panchina. Nessuno, davvero nessuno, può non riconoscere l’incredibile capacità del tecnico di far vincere gruppi affamati, ma con chiare lacune.
Altrettanto, però, nessuno può fare a meno di notare un certo impaccio quando si tratta di sedersi al tavolo con la dirigenza, e architettare insieme il salto di qualità. Alla Juve finì veramente male. Prima arrivò, in seguito all’eliminazione dalla Champions con il Bayern, la ormai celebre uscita del “ristorante”.
Poi, nei primi giorni di ritiro della stagione successiva, si concretizzò anche il doloroso addio al Club. Una simbiosi lunga 3 anni, terminata apparentemente per il mancato arrivo di Cuadrado. Sancita, con più probabilità, per le persistenti esternazioni d’insoddisfazione del tecnico.
Tre anni più tardi, dopo un grande Europeo con la Nazionale e una splendida Premier vinta con il Chelsea, lo stesso spartito si ripropone a Londra. Ai tempi di Torino Conte pareva volersi ergere a oracolo del realismo sulle condizioni del calcio italiano. A suo avviso, senza lo sforzo economico da lui caldeggiato, la Juventus non avrebbe mai potuto realmente competere con le Big d’Europa.
Al Chelsea di Abramovich, tra i primi in epoca moderna ad alzare davvero l’asticella sul mercato, lo stesso rischio non sembrava potersi palesare. Conte era arrivato all’elite, senza se e senza ma, in quel ristorante da 100 euro che bramava da tempo. Cosa succede dunque ora?
Antonio è più irritato che mai. A fine stagione ha dovuto affrontare le conseguenze del “Diego Costa Gate”. Il suo SMS di addio all’attaccante è stato reso noto, muovendo nell’opinione pubblica qualche dubbio sui modi dell’allenatore pugliese. Ora Antonio si trova costantemente, dopo un rinnovo del contratto decisamente laborioso, a criticare più o meno apertamente l’esiguità della rosa a disposizione. Ha lasciato partire molti calciatori, e si è chiaramente mostrato seccato in seguito al mancato arrivo di Lukaku.
Insomma, anche nel Chelsea del gazzilionario Abramovich, Conte non è soddisfatto. Non è soddisfatto e, ancora una volta, sta incrinando sempre più il rapporto con il suo “capo”. E sembra essere ormai questo il suo copione consolidato. Il primo anno il rullo Conte ribalta tutto. Poi, forte della leadership ottenuta, si lancia a corna tese sulla propria dirigenza.
Caro Andò. Forse è il momento, come hai fatto fare a tanti tuoi calciatori, di mettere la testa a posto. A far solo la guerra si finisce fuori dal ristorante, e a dover mangiare a casa.
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