Il pareggio della Juve contro il Bologna ha riaperto (per la 50ima settimana consecutiva) il simposio su Allegri. Mandato via malamente dal club bianconero a metà maggio dopo la scenata di Coppa Italia, il tecnico livornese è ancora al centro di feroci discussioni tra l'agape dei suoi sostenitori e lo svilimento dei detrattori.
Nel frattempo Max studia inglese e guarda alla Premier, col desiderio di cambiare aria, di prendere un treno passato nel momento sbagliato, quando l'amore per la Vecchia Signora era ancora troppo forte.
Un allenatore così divisivo in Italia non si vedeva dai tempi di Arrigo Sacchi (a proposito di detrattori) e onestamente non me ne spiego la ragione Uno strano comportamento sociale che meriterebbe l'attenzione dei sociologi. Sia ben chiaro, non sono un allegriano, ma dati alla mano, è uno dei tecnici più vincenti della storia bianconera e ha due volte sfiorato l'impresa Champions. Sicuramente l'Allegri bis non è stato all'altezza del suo prime, ma parliamo di squadre diverse con ambizioni diverse.
Allegri è ormai storia da almanacchi illustrati, perché continuare a parlare ossessivamente di lui anche ora che è lontano dai riflettori? La Juve ha aperto un nuovo ciclo, con giocatori giovanissimi e un tecnico alla prima esperienza in una big, che ha il compito di cambiare il DNA di una squadra forgiata da quasi 10 anni di "corto muso".
Tutto questo in una piazza che pretende di vincere subito. La storica frase del compianto Boniperti "Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta" non è più attuale. Adesso conta trovare una nuova identità. Ci riuscirà Thiago Motta? È presto per dirlo, ma l'auguri più sincero che posso dargli, è che non diventi il pomo della discordia come il suo predecessore.